30-09-2011

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Consiglio Comunale (30-09-2011)

Scritto da La Nuova Stagione on . Postato in Ultime

la Provincia Pavese - 9 Ottobre 2011 - ( leggi i commenti sul sito della Provincia Pavese )

Ecco le sette accuse della Corte dei Conti su “Parona Servizi”

Dure contestazioni alla gestione dei rapporti economici con il Comune. Nel mirino oltre 9 milioni di finanziamenti

di Filiberto Mayda

 

PARONA

L’obiettivo era tanto rischioso quanto ambizioso: fare i lavori senza i soldi nelle casse comunali. Non che fosse così complicato, aveva pensato qualche amministratore, bastava creare una società, poi farne un’altra e trovare il denaro in prestito. Ci hanno provato a Parona, iniziando nel 2003, e oggi la Corte dei Conti contesta gravissime irregolarità contabili, di trasparenza, di violazione delle norme di legge sugli appalti e sull’uso delle società di scopo. Per capirci subito: il “rosso” per il Comune di Parona, prima non certificato, è ora di quasi 8 milioni di euro, cifra, rileveranno i giudici, non messa neppure a bilancio. Sono dunque 43 pagine al fulmicotone firmate dal relatore Laura De Rentiis e controfirmate dal presidente del collegio, Nicola Mastropasqua, e che «accertano» sette precise violazioni, invitando l’amministrazione comunale di Parona «ad attivarsi per far fronte alle gravi irregolarità finanziarie» e a verificare «l’esatta indicazione dei residui passivi per gli anni 2008, 2009 e 2010», in buona sostanza contestando la veridicità dei relativi bilanci annuali. E il Comune, che oggi ha come sindaco Silvano Colli (prima di lui ci sono stati il commissario prefettizio e il sindaco Giovanna Ganzi), dovrà appunto muoversi su due binari: coprire il buco finanziario e fornire spiegazioni alla Corte dei Conti, altrimenti, in caso di condanna, qualche amministratore potrebbe essere costretto a rispondere del danno erariale, insomma a pagare di tasca sua. Sempre che poi gli atti non vengano trasmessi alla Procura della Repubblica, che comunque potrebbe anche muoversi

I soldi non bastano mai

Spiegare questa complicatissima vicenda non è semplice. Tutto inizia con la costruzione del termovalorizzatore, insommal’inceneritore, nel lontano 2000. Con Lomellina Energia, infatti, si firma una convenzione che prevede un primo finanziamento di opere pubbliche per 3 milioni di euro. Cifra importante, ma neppure clamorosa: sarebbe stato sufficiente prendere i soldi e appaltare le opere. Invece viene costruita una società di scopo, la Parona Servizi Spa. E passi, diranno i giudici, è prevista dalla normativa. Insomma, con quei soldi Parona Servizi fa le opere. Non è così. In realtà la società va a cercare finanziamenti bancari, inizialmente, per un somma complessiva di 6 milioni di euro, quindi il doppio di quanto comunque sarebbe arrivato da Lomellina Energia. Qui nasce il pasticcio finanziario, poco «trasparente», faranno notare i giudici, anche perché a versare i soldi alla società, al 100% del Comune,sarà il Comune stesso.

Giochi contabili

Per la Corte dei Conti siamo di fronte ad un gioco di prestigio contabile, «uno spostamento dell’indebitamento dal bilancio comunale al bilancio della società partecipata». Non solo. Quando la Parona Servizi va a cercare soldi dalle banche, non avendo alcun patrimonio, ottiene dal Comune le garanzie. Di fatto, se non pagasse le rate, ne risponderebbe l’amministrazione comunale. Con questa operazione, aggirando i divieti normativi sugli indebitamenti degli enti locali, «l’indebitamento formalmente ricade sulla società ma gli oneri passivi derivanti da detta esposizione debitoria, in violazione di legge, vengono sostenuti dal Comune sotto forma di erogazione di contributo alla sua partecipata». Non solo: questo comportamento «espone il Comune a una sua responsabilità pressoché illimitata per i debiti contratti dalla società medesima». Complessivamente, per 9,8 milioni di euro (per la sola parte capitale, ci sono poi da aggiungere gli interessi).

Il maxi indebitamento

Questa cifra di indebitamento è persino superiore a quanto versato da Lomellina Energia dal 2000 al 2007, ossia 8 milioni e 363mila euro. Perché cercare soldi in banca, allora, pagando fior di interessi e fior di (costosi) intermediatori? Scrivono infatti i giudici, sorpresi: «Premesso che il Comune ha solo 2.060 abitanti, è di non facile comprensione la considerevole esposizione debitoria della sua partecipata verso le banche, visto che il Comune ha goduto di una costante “liquidità” per i contributi erogati da Lomellina Energia”...». Per tacere dei costi aggiunti e forse inutili. Ad esempio i 150mila euro pagati dal Comune alla Parona Servizi (la quale non ha liquidità sufficiente) per la parcella a favore delle società “A&R Project Consulting” e “Banca Profilo” per «la pratica di un finanziamento andato a buon fine e per il quale hanno prestato la loro consulenza».

La strana coppia

C’è poi il caso della nascita della Parona Multiservizi, fusione tra la vecchia società e la società Casa per l’Anziano che «non trova alcuna giustificazione logica». D’altro canto, la prima appaltava lavori per le strade, la seconda gestiva una residenza per anziani. Ma come, dirà il Comune, «la fusione ha generato risparmi fino a 80mila euro annui». I giudici replicano e insistono: «Argomentazione generica e priva di qualsiasi riscontro» Anche qui, la Corte ha il sospetto che la fusione sia servita a «rendere non facilmente intellegibili le entrate e le uscite finanziarie connesse».

Il raccordo infinito

La vicenda del mai realizzato raccordo ferroviario è descritta nei dettagli. Ma la sintesi dei giudici è che l’utilizzo della società partecipata Combitalia abbia avuto come obiettivo quello di «eludere le regole dell’evidenza pubblica in sede di aggiudicazione di lavori pubblici e per eludere le norme che garantiscono la trasparenza in sede di esecuzione del contratto d’appalto dei lavori». Parole pesanti. E fin qui, sono questioni amministrative. Il fatto concreto è che il raccordo non c’è e che, come scriverà il perito nelle sue considerazioni finali, «non esiste un metro di binario o di scambio che si possa considerare finito e inoltre è illegittima la dichiarazione di ultimazione lavori, gravemente incompleti e viziati». Ma intanto sono stati pagati stati di avanzamento lavori per 1,9 milioni di euro. A dir poco, c’è stata una «mancata vigilanza».