la Provincia Pavese - 23 ottobre 2012
Vigili del fuoco all’inceneritore
PARONA Vigili del fuoco all'inceneritore. E' intervenuta una squadra speciale del comando di Pavia. Secondo le prime ricostruzioni, durante lo stoccaggio della spazzatura è stato trovato un rifiuto che gli addetti dell'inceneritore non erano certi di poter bruciare nel normale ciclo di incenerimento. Quindi, vista la massima attenzione e precauzione prestata dagli operatori del termodistruttore, sono stati allertati i vigili del fuoco. I pompieri , chiamati ieri nel tardo pomeriggio, sono rimasti a Parona fino verso le 20. Da oggi i vertici di Lomellina Energia (società suddivisa al 20% tra Asm Isa di Vigevano e la società bresciana Mf Waste del gruppo Cogeme) faranno maggiore chiarezza, dopo il tempestivo intervento dei pompieri, sul problema verificatosi ieri pomeriggio. La sicurezza infatti è tra le priorità della direzione dell'inceneritore-, guidato da Vincenzo Filisetti, dove ogni anno si bruciano 380mila tonnellate di rifiuti provenienti per la maggior parte dalla Lomellina e dall'Oltrepò. Basti pensare che con quello di ieri nel 2012 sono già quattro gli interventi dei pompieri a Parona: le tre volte precedenti però era stato per piccoli incendi che si erano sviluppati nell'immondizia.
la Provincia Pavese - 24 ottobre 2012
Rischio aria contaminata
PARONA Subito è stata informata l’Arpa (agenzia per la protezione ambientale) di Pavia. E’ stata esclusa l’eventuale contaminazione, perchè il sistema di controlli all’inceneritore ha funzionato. «Certo – spiegano all’Arpa di Pavia – un apparecchio di quel tipo non dovrebbe stare tra i rifiuti urbani: è un contenitore di sorgente radioattiva utilizzato per le gammagrafie industriali. Il materiale radioattivo, in questo caso l’Iridio 192, registra nei condotti l’eventuale presenza di crepe nelle saldature e nelle giunzioni». Se lo strumento fosse stato incenerito, spiegano all’Arpa «un po’ di radioattività si sarebbe dispersa nell’aria. Infatti, a differenza di altri rifiuti radioattivi, questo apparecchio non si decontamina. Però, non c’è stato inquinamento». Tra l’altro, queste apparecchiature, fanno notare all’Arpa, sono fatte di piombo o di uranio impoverito, «perché l’uranio scherma molto bene la radiazione». Intanto, Lomellina Energia ha diffuso una nota, spiegando che tutti i rifiuti conferiti all’impianto di Parona sono regolarmente sottoposti alla verifica della presenza di eventuali tracce di radioattività tramite specifici dispositivi e seguendo una procedura validata dagli organi di controllo competenti in materia come Arpa». In particolare, lunedì «un carico proveniente da una società pubblica di gestione rifiuti ha evidenziato tracce di radioattività riconducibili alla presenza di materiali differenti (di origine medicale) da quelli abitualmente riscontrati ed è stata quindi attivata la procedura dedicata ai casi di questo tipo, allertando immediatamente Arpa e Vigili del Fuoco per le opportune verifiche in sito». (d.a.)
vedi anche: Rifiuto radioattivo buttato in un cassonetto
la Provincia Pavese - 30 maggio 2012
Il Comitato per l’ambiente rilancia il suo appello
PARONA Il Comitato dei cittadini di Parona per la salute e l’ambiente lancia l’allarme sul possibile aggravamento della situazione ambientale. Nel mirino ci sono l’ampliamento della discarica per rifiuti non pericolosi della Waste Italia di Albonese e il biogestore progettato dalla Aboneco Recycling di Parona. Il Comitato ha formulato alcune osservazioni: per la Aboneco riguardano particolari aspetti dei processi di approvvigionamento e di stoccaggio dei rifiuti, delle loro caratteristiche chimiche e biologiche e del processo di combustione del biogas. «Per quest’ultimo processo, non essendo precisate le quantità di nitrati e di monossido di carbonio prodotti, non è possibile valutare l’impatto sullo stato dell’aria in un contesto che non consente assorbimento di ulteriori emissioni nocive», spiega il Comitato. Nel caso di Waste, le osservazioni riguardano aspetti di inquinamento del suolo e dell’acqua per la presenza di numerosi fontanili nell’area di confine tra la discarica e il territorio paronese. Umberto De Agostino
vedi anche il comunicato stampa e le osservazioni del Comitato di Parona
la Provincia Pavese - 24 aprile 2012
Parona, arriva anche la centrale a biogas
Nella Parona dell’inceneritore e delle polemiche sulla diossina, ora spunta il progetto di un impianto per la produzione di biogas.PARONA La Aboneco Recycling vuole costruire un digestore anaerobico di rifiuti biodegradabili lungo l’ex statale 494 Vigevanese, ai confini con Vigevano, dove si trova la sede legale. Al momento, la società guidata dall’amministratore unico Massimiliano Sommi ha richiesto alla Provincia la verifica di assoggettabilità alla Valutazione d’impatto ambientale. Il nuovo impianto, se autorizzato, potrà trattare rifiuti non pericolosi con il sistema della digestione anaerobica, che permette una valorizzazione della frazione umida dei rifiuti solidi urbani. Sarà così possibile ottenere biogas utilizzabile per produrre energia elettrica e termica, e sequestrare buona parte dell’azoto contenuto nel digestato, utilizzabile per produrre concimi chimici facilmente trasportabili a basso costo. «Dobbiamo ancora decidere, nell’eventualità che il progetto sia approvato, se produrre energia elettrica o consegnare a terzi il materiale prodotto dal digestore», commenta Sommi, fratello di Mauro, che in municipio ricopre la carica di assessore con deleghe a cura e ordine del territorio, sicurezza, immigrazione, ordine pubblico, protezione civile, innovazioni tecnologiche e connettività. Nel dettaglio, il progetto consiste nella realizzazione di un impianto per la messa in riserva, scambio di rifiuti e recupero di rifiuti non pericolosi. Per Parona, che ospita da più di un decennio l’inceneritore di Lomellina Energia e dove la tutela dell’ambiente e il livello del Pm10 sono una tematica all’ordine del giorno, si tratta dell’ennesimo progetto legato ai rifiuti. La famiglia Sommi precisa: «Si tratta di un’iniziativa lodevole sotto l’aspetto ambientale, visto che la digestione anaerobica è una delle tecnologie migliori per il trattamento e la stabilizzazione di rifiuti organici». La famiglia Sommi controlla la Aboneco srl, con sede a Mortara, presente sul mercato nazionale dal 1985 e oggi guidata da Marco Della Torre. Questa società si occupa di lavori di bonifica ambientale e di risanamento di aree inquinate, oltre che dello smaltimento dei rifiuti. Tra le prestazioni offerte, Aboneco srl annovera un servizio di manutenzione degli impianti fognari (disotturazioni, spurghi e ispezioni di rete) e di spazzamento stradale di tipo meccanico-manuale, compreso lo sgombero della neve. La controllata Aboneco Recycling torna oggi con un nuovo progetto legato alla lavorazione dei rifiuti, dopo che cinque anni fa concepì un impianto per la selezione e il recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, in grado di lavorare 25mila tonnellate l’anno di rifiuti. In quel caso, la Aboneco Recycling voleva recuperare materiali ferrosi e non da destinare a una successiva operazione di riciclo. L’area individuata dalla società, già di sua proprietà, si trova nella zona industriale-artigianale verso Vigevano, a poche centinaia di metri dall’inceneritore di Lomellina Energia. La stessa in cui ora dovrebbe sorge il digestore anaerobico. L’Abonecoha scommesso su un processo di lavorazione dei rifiuti organici che si sta diffondendo a macchia d’olio: nel 2011 grazie al biogas l’Italia produceva circa 1,7 milioni di megawatt-ora. Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 29 maggio 2012
Clir, 20 Comuni morosi per due milioni di euro
PARONA Il Clir spa vanta un credito di circa due milioni di euro da una ventina di Comuni soci. In ogni caso, i mancati introiti, relativi al 2011 e ai primi mesi del 2012, non condizioneranno il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti. In altre parole, i camion del Clir svuoteranno i cassonetti di tutti i 41 Comuni, anche di quelli morosI. Il problema è stato sollevato nell’assemblea riunitasi per l’approvazione del consuntivo 2011, secondo cui il valore della produzione ammonta a 8,2 milioni di euro e l’utile netto è di 15.500 euro. Il presidente Federico Bertani ha bacchettato: «La quota dovuta al Clir per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, in quanto derivante da accordi approvati dall’assemblea e quantificata in base al numero di abitanti, è inserita nel bilancio di previsione e, appena questo diviene esecutivo, automaticamente impegnata dal responsabile. Ciò facendo, la somma ricade per intero sul patto di stabilità al momento dell’impegno e quindi i conseguenti pagamenti non vengono più a pesare sul patto, ma solo sulla cassa del Comune». La motivazione utilizzata da molti soci che bloccano o rimandano i pagamenti al Clir per riuscire a centrare l’obiettivo fissato dal patto di stabilità è stata respinta: «Non è tecnicamente accettabile, a meno che s’intenda ridurre a fine anno gli impegni assunti, ma ciò sarebbe illegale a meno che ci siano motivazioni ben valide, e si ricade inevitabilmente nelle sanzioni di elusione del patto di stabilità interno con conseguenti reprimende della Corte dei Conti». Bertani ha fatto presente che la motivazione del blocco dei pagamenti di parte corrente potrebbe essere solo dovuta alla mancanza di disponibilità liquide e quindi per evitare l’anticipazione di cassa e il conseguente pagamento di interessi passivi, ma non per il rispetto del patto di stabilità. Fra i Comuni morosi c’è Mede, rappresentato a Parona dal sindaco Lorenzo Demartini. «Abbiamo problemi a far quadrare i conti e cercheremo di pagare le mensilità dovute al Clir quanto prima, ma ritengo che si debbano sollevare anche altre questioni nell’interesse della nostra società – spiega Demartini – Per esempio, mi chiedo perché non possiamo svincolarci da Lomellina Energia, che applica tariffe superiori del 15% a quelle del bacino A, cioè Pavese e dell’Oltrepo orientale: spero che torneremo a riparlarne». Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 27 maggio 2012
Rifiuti, la raccolta differenziata al 40%
PARONA La raccolta differenziata porta a porta è l’obiettivo ultimo del Clir spa. Alla fine dell’anno la percentuale si attesterà intorno al 48% con una popolazione servita di 22mila persone. «Ci avviciniamo a grandi passi a quel fatidico punto di pareggio che ci consentirà di estendere il servizio a costo zero», ha chiarito ieri il presidente Federico Bertani di fronte all’assemblea dei soci, prima di inaugurare la nuova sede operativa di via Stazione. E ora il Clir pensa alla costruzione di un digestore anaerobico per la gestione della frazione umida, la cosiddetta Forsu. «Sono in corso da tempo colloqui con aziende del settore, che potrebbero diventare partner per raggiungere con più facilità la massa critica necessaria per le economie di gestione – ha aggiunto – Va tributato un plauso agli otto Comuni che ci hanno permesso di attivare questo servizio, molto positivo dal punto di visto numerico e di impatto sulla popolazione». Inoltre, dal settembre 2011 i 41 Comuni del bacino Clir si sono superati nella produzione di rifiuti differenziati, cioè che non finiranno nell’inceneritore di Lomellina Energia: carta, plastica, umido, verde, metallo, vetro, ingombranti, legno, e terre provenienti dallo spazzamento delle strade. Il totale dei rifiuti prodotti è compreso fra le 22mila tonnellate del febbraio scorso e le 45.800 dell’ottobre 2011: la percentuale di differenziata non scende mai al di sotto del 40%. Bertani ha anche accennato al trattamento della frazione verde, «il primo risultato concreto»: a giorni la piattaforma di Sannazzaro permetterà la gestione di 7mila tonnellate l’anno di verde «con maggior flessibilità ed economicità». E a settembre il servizio a calotte elettroniche entrerà in funzione a Frascarolo, Torre Beretti, Pieve Albignola, Ottobiano, Valeggio e Nicorvo. Ciascun utente dotato di apposita chiave elettronica potrà conferire sacchetti da 15 litri di rifiuto non differenziato nei cassonetti in cui sono state installate queste calotte elettroniche, con lo scopo di incentivare la percentuale di raccolta differenziata. Ieri, dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2011, l’inaugurazione della sede operativa del Clir spa, spostata da Mortara a Parona, a pochi passi dall’inceneritore. L’opera, del costo di 1,7 milioni di euro, è stata completata in due anni. Dopo l’alzabandiera, taglio del nastro affidato al presidente Bertani e al sindaco Silvano Colli: presenti, fra gli altri, anche l’onorevole Marco Maggioni, l’assessore provinciale all’Ambiente, Alberto Lasagna, e il suo predecessore Ruggero Invernizzi. Alle 12.15 visita guidata all’insediamento che riunisce le attività operative del Clir. La nuova sede di Parona ospita anche un impianto di messa in riserva dei rifiuti in orari in cui gli impianti di smaltimento sono chiusi, come il sabato, dalle 15 alle 18. Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 25 maggio 2012
Parona, il Clir inaugura la nuova sede
PARONA Tutto pronto per l’inaugurazione della nuova sede operativa del Clir spa, spostata da Mortara all’area periferica di via Stazione, a pochi passi dall’inceneritore di Lomellina Energia. Il taglio del nastro è fissato per domani, alle 11, dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2011 da parte dei Comuni soci. Il presidente Federico Bertani illustrerà le strategie e i piani di sviluppo aziendali e poi lascerà la parola al sindaco Silvano Colli e al direttore generale Marco Rivolta per l’illustrazione del cantiere e del risultato finale. Alle 12.15 visita guidata all’insediamento che riunisce le attività operative del Clir. Con questo investimento, costato 1,5 milioni di euro, tutti i settori saranno riuniti in un unico spazio: la nuova sede ospiterà, fra l’altro, un impianto di messa in riserva dei rifiuti in orari in cui gli impianti di smaltimento sono chiusi, come il sabato, dalle 15 alle 18. (u.d.a.)
la Provincia Pavese - 15 maggio 2012
Parona, sabato si inaugura la sede del Clir
PARONA Tutto pronto per l’inaugurazione della nuova sede operativa del Clir spa, spostata da Mortara all’area periferica di via Stazione a pochi passi dall’inceneritore di Lomellina Energia. Il taglio del nastro è fissato per sabato 26 maggio, alle 11, dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2011 da parte dei Comuni soci. Il presidente Federico Bertani illustrerà le strategie e i piani di sviluppo aziendali e poi lascerà la parola al sindaco Silvano Colli e al direttore generale Marco Rivolta per l’illustrazione del cantiere. Con questo investimento, costato 1,5 milioni di euro, tutti i settori operativi saranno riuniti in un unico spazio: la nuova sede ospiterà un impianto di messa in riserva dei rifiuti in orari in cui gli impianti di smaltimento sono chiusi, come il sabato, dalle ore 15 alle ore18. (u.d.a.)
Una sola tariffa di smaltimento dei rifiuti, c’è l’accordo
PAVIA Vota compatto il consiglio provinciale e approva all’unanimità un ordine del giorno in cui si impegna a rendere uguali le tariffe di smaltimento rifiuti per i Comuni della provincia di Pavia. I centri che conferiscono la propria spazzatura all’inceneritore di Parona pagano infatti un milione e 250mila euro in più rispetto a quelli che smaltiscono nel termovalorizzatore di Corteolona. La tariffa versata a tonnellata dai cittadini dei due bacini ha una differenza di 12,61 euro, il costo pagato nel Centro integrato Ecodeco è di 99,74 euro a tonnellata, 112,35 euro invece quello di Parona. A sollevare una questione che, spiega l’assessore provinciale Alberto Lasagna, è “vecchia di quasi vent’anni” è stato il gruppo del Carroccio. Per Giorgio Guardamagna, consigliere della Lega nord, «la crisi morde e i cittadini, gravati da mille balzelli, vanno aiutati». «La convenzione siglata con la società Lomellina Energia, proprietaria dell’impianto di Parona, risale al ’97 – spiega Lasagna –. Abbiamo ereditato una situazione complessa, ma cercheremo di intervenire. Abbiamo già contattato l’azienda e lo stesso assessore regionale Belotti per trovare una soluzione. I contratti sottoscritti con Corteolona e Parona sono diversi, peraltro il primo ha accettato anche un contenimento tariffario». Sul fatto che sia necessario intervenire per livellare due tariffe inique sono tutti d’accordo. «È ingiusto penalizzare i residenti di quello che viene definito “bacino B”, cioè quello di Parona – sostiene Martina Draghi, consigliere provinciale del Pd –. L’obiettivo della Provincia è quello di individuare un unico soggetto che raccolga e smaltisca i rifiuti, possibilmente a maggioranza pubblica». Il Piano rifiuti, sottolinea l’esponente del Partito democratico, risale al 2009.: «Aveva diviso il territorio in due ambiti. Peraltro i contratti sono con società private – precisa Draghi –. La situazione ora è complessa e l’eredità è pesante e non si può pensare che in sei mesi riusciamo a risolvere problemi che il centro destra non ha risolto in 18 anni di governo». Il dito è puntato contro la precedente amministrazione, ma il consigliere del Carroccio Guardamagna leva gli scudi, difende la maggioranza di cui faceva parte appellandosi alla crisi che ha cambiato il contesto: «La situazione economica ora è cambiata in modo preoccupante». Stefania Prato
la Provincia Pavese - 21 aprile 2012
Parona, per il caso diossina l’agricoltore patteggia un annoCaso diossina in tribunale: l’agricoltore Antonio Marchesoni, di Parona, patteggia 1 anno di reclusione. Per il veterinario Riccardo Ricali, anche lui accusato di falso, sentenza rinviata.
di Filiberto MaydaPARONA Un anno di reclusione, pena sospesa, per il reato di falso ideologico in concorso. Per l’agricoltore e allevatore Antonio Marchesoni, settantuno anni, (che poi agricoltore e allevatore proprio non è) la vicenda giudiziaria delle uova alla diossina di Parona si è chiusa ieri davanti al giudice dell’udienza preliminare Stefano Vitelli: così consigliato dal suo avvocato, ha scelto di patteggiare. E come ci dice al telefono, «per quello che mi riguarda è andata bene: ciò che conta è far sapere cosa sta succedendo a Parona». Lo stesso che aveva commentato Riccardo Ricali, cinquantasette anni, veterinario dell’Asl, che ieri mattina ha deciso di andare avanti: venerdì prossimo sarà sentito dal gup durante la discussione e il caso potrebbe andare a sentenza. Ma di cosa vengono accusati i due, peraltro noti ambientalisti? Il reato, tecnicamente, è quello di falso ideologico, ma dice pochissimo. La storia è decisamente interessante e, se il giudice ritenesse di voler trasmettere gli atti alla procura, potrebbe anche nascere un’indagine sul caso diossina. In breve: Ricali e Marchesoni sono convinti da tempo che Parona sia contaminata dalla diossina provocata dal termovalorizzatore. Di analisi «serie» secondo i due non ne erano mai state fatte. Realizzarle privatamente è costoso e non ha gran valore. E allora, per poter inviare i materiali al Piano nazionale dei residui, i due avrebbero falsamente attestato che Marchesoni aveva un’azienda agricola e un allevamento di suini, così da poter prelevare i campioni e farli analizzare. Non solo, anche i campioni stessi - che non potevano provenire dall’azienda agricola, inesistente - erano stati presi (in buona sostanza, del granturco) da un campo distante qualche centinaio di metri dalla casa di Marchesoni. Ad aggiungere confusione alla vicenda, il fatto che alcune uova analizzate (tra cui quelle delle galline del Marchesoni stesso), erano risultate contaminate dalla diossina. In buona sostanza, secondo l’accusa, le basi della richiesta di analisi e anche il materiale da analizzare non erano corretti. Ma ciò che ha del paradossale, e che forse potrebbe spingere la procura a volerci vedere chiaro, è che la diossina non solo era nelle uova, ma anche nel granturco inviato per le analisi. Insomma, ci sarà anche stato un falso (ancora da dimostrare), ma il falso ha fatto scattare l’allarme diossina a Parona. Sarebbe come, si è lasciato sfuggire Ricali, «se qualcuno salvasse un uomo che annega nel fiume e poi venisse condannato per divieto di balneazione». Se ne riparlerà venerdì prossimo, davanti al giudice Vitelli.
la Provincia Pavese - 20 aprile 2012 Parona, oggi il caso diossina in tribunale
PARONA Il giallo delle uova alla diossina questa mattina finirà sul tavolo del giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Vigevano. Di fronte a lui ci saranno il veterinario del paese Riccardo Ricali e l’agricoltore Antonio Marchesoni. Sono accusati di falso ideologico: avrebbero falsato delle analisi chimiche riguardo alla presenza di diossina nelle uova allevate da Marchesoni. A documentare il falso ideologico ci sono anche delle intercettazioni telefoniche. «Sono in attesa dell’udienza prima di valutare la linea da seguire» ha evidenziato ieri l’agricoltore Marchesoni che patteggerà. Il veterinario di Parona invece ha intenzione di raccontare quello che, secondo lui, sta succedendo a Parona dove oltre alla diossina nelle uova sono stati trovati anche valori di Pm10 stratosferici nell’aria. Se da una parte oggi si potrebbe già chiudere il procedimento a carico dei due paronesi, che avevano dato da mangiare alle galline un triturato presumibilmente alla diossina fatto con mais raccolto nelle zone più inquinate di Parona, dall’altra potrebbero tornare nelle aule di tribunale i fascicoli sull’inquinamento a Parona. Più volte cittadini e comitati per l’ambiente hanno lamentato una situazione insostenibile. Il loro indice è puntato contro il termodistruttore di Lomellina Energia (che brucia 380mila tonnellate di rifiuti all’anno) e contro le aziende inquinanti che negli ultimi vent’anni si sono insediate alla periferia del paese. Tanto che nel mese di marzo anche la Provincia aveva disposto controlli a sorpresa in alcune industrie di Parona ritenute inquinanti.(s.b.)
la Provincia Pavese - 19 aprile 2012
Scoppia il giallo diossina a Parona: domani mattina, davanti al giudice dell’udienza preliminare, compariranno il veterinario Riccardo Ricali e l’agricoltore Antonio Marchesoni, imputati di falso ideologico. Secondo le accuse avrebbero indicato dei dati non veri nella procedura di analisi dei mangimi. In particolare, sarebbe stata diversa la zona di provenienza, ossia non dalla cascina Marchesoni, ma da un campo di Parona. Il risultato? Il campo era inquinato.
di Filiberto MaydaPARONA Riccardo Ricali, veterinario di Parona, e Antonio Marchesoni, agricoltore dello stesso paese, domani mattina si ritroveranno davanti al giudice dell'udienza preliminare per rispondere del reato di falso ideologico, ovvero Ricali, pubblico ufficiale, avrebbe commesso un falso in documentazioni relative ad analisi chimiche, Marchesoni lo avrebbe aiutato. Analisi sulla diossina a Parona. Vicenda delicatissima, dunque, e dal processo (dove Marchesoni ha deciso di patteggiare, mentre il medico intende difendersi) potrebbe magari scaturire un'indagine ben più ampia e profonda sul caso-diossina a Parona, con tutto quello che ne consegue. «Non so se è stato regolare o meno quello che abbiamo fatto - dice Marchesoni - ma lo abbiamo fatto per Parona, per denunciare la presenza della diossina, dei veleni che ci uccidono». Non bastava chiedere delle analisi? A quanto pare no. E poi sono costosissime. E ancora, è complicato accedere al Piano nazionale che le prevede. E c'è chi si mette in mezzo, chi non vuole che si parli di diossina a Parona. La storia, che poi un processo pubblico potrebbe portare alla luce, nasce dunque insieme all'inceneritore, ai soldi che ci hanno girato intorno, a quello che brucia e come lo brucia. Un anno fa Antonio Marchesoni, ambientalista, lancia l'allarme: «A novembre, in via precauzionale, avevamo consegnato due uova a un veterinario locale in modo da capire se ci fosse qualche difficoltà legata all’inquinamento atmosferico. Poi un mese fa, veniamo a sapere dalla stampa che effettivamente a Parona esiste un problema di diossina nelle uova ». Insomma, la diossina sembra che ci sia. E fa paura. Il veterinario è Riccardo Ricali, che ottiene un primo risultato: dimostrare che la diossina può contaminare le uova. Ma la storia strana è che le galline di Marchesoni non avrebbero mangiato il mangime della sua proprietà, perché di mais non ne ha. Per dimostrare che la diossina è presente e contamina gli animali, allora, era necessario utilizzare mais locale. E quale si va a prendere? Quello di un campo periferico di Parona in una zona ritenuta - a ragione o a torto - inquinata. Insomma, il granturco è quello più a rischio della zona. Le galline mangiano un "triturato" alla diossina, o almeno, presumibilmente alla diossina. E i risultati lo confermano. Il fatto è che la certificazione tecnica non sarebbe stata veritiera: insomma, non si fa cenno preciso a come è stato realizzato il mangime. Ma intanto il caso è scoppiato. Non basta. Marchesoni fa richiesta anche di allevare un maiale. L'idea, probabilmente, è di nutrirlo nello stesso modo, utilizzando prodotti agricoli di Parona, e poi di sottoporlo ad analisi. Ma il progetto di agricoltore e veterinario trova un ostacolo. Qualcuno li sta controllando, ha già denunciato le presunte irregolarità alla procura. Chi sta cercando di scoprire se c'è un rischio diossina finisce indagato, al punto che viene persino permessa l'intercettazione telefonica. Non solo, si arriva al paradosso: un giorno si presentano anche i carabinieri dei Nas: vogliono sequestrare il maiale. Ma il maiale non c'è, deve ancora arrivare, i militari non ci credono, perquisiscono la cascina. Poi se ne vanno. L'intera storia, domani mattina, sarà ripercorsa davanti al giudice. E Ricali ha intenzione di raccontare tutto quello che sta accadendo a Parona. E sarà presente anche un pm.
la Provincia Pavese - 13 aprile 2012
Centrali, ora si muove il ministeroMORTARA Gli occhi dei ministeri romani dell’Ambiente e della Salute arrivano in Lomellina. I due dicasteri hanno risposto ad un esposto di 27 pagine presentato dall’associazione Futuro Sostenibile in Lomellina guidata da Alda Rosa. Un fascicolo in cui si analizzano le criticità presenti in un territorio piccolo come un fazzoletto, ma denso di fonti di inquinamento. La zona è quella intorno a Mortara e comprende anche i territori di Parona ed Olevano. Ma anche quello di Castello d’Agogna, che seppur non abbia sul proprio territorio centrali inquinanti, è a poche decine di metri dai camini della Sit di Mortara e della nascente Biolevano, della multinazionale Maire Tecnimont e che brucerà 180mila tonnellate di pioppelle all’anno. «Ma così tante pioppelle non sono prodotte in tutta la nostra provincia» spiega Alda Rosa, numero uno di Futuro Sostenbile. Dopo l’esposto dell’associazione ambientalista sia il ministero dell’Ambiente che quello della Salute hanno risposto. Poche stringate righe in cui chiedono ai quattro comuni coinvolti (Mortara, Parona, Castello d’Agogna ed Olevano) di acquisire informazioni «in merito alle segnalazioni e ad eventuali azioni intraprese». I problemi evidenziati dal dossier inviato a Roma da Futuro Sostenbile riguardano i problemi di inquinamento nella zona di Mortara. A Parona infatti ci sono cinque siti inquinanti, a Mortara altrettanti ed è stato autorizzato il raddoppio dell’inceneritore della Sit, ad Olevano sta nascendo la centrale della Mairie Tecnimont e ne è stata autorizzata un’altra (simile a quella di Occimiano Monferrato) ad olio di palma. Castello d’Agogna è stata toccata solo marginalmente in quanto confina sia con Olevano che con Mortara «Il problema è che non c’è stato un piano comune della Provincia negli anni passati - spiega Alda Rosa - non è immaginabile che ogni Comune possa autorizzare un impianto, che sì è previsto dalla legge, ma che si trova a pochi chilometri da un di un paese vicino. La risposta dei ministeri dimostra che c’è interesse per i problemi dei cittadini».(s.b.)
la Provincia Pavese - 07 aprile 2012
Parona, alla Bimetal il triplo di rifiuti
PARONA La Bimetal vuole aumentare la capacità di trattamento e di recupero di rifiuti non pericolosi. Se accettata, la richiesta di ampliamento, collegata alla verifica di assoggettabilità alla Valutazione d’impatto ambientale, dovrebbe portare dalle attuali 2.600 a 7mila tonnellate l’anno. Questo succede a Parona, dove l’inceneritore di Lomellina Energia può lavorare 380mila tonnellate annue, il Pm10 è costantemente fonte di polemiche e i valori della diossina, anche se al di sotto dei limiti di legge, sono i più elevati di tutta la Lomellina. La ditta, con sede legale a Vigevano e insediamento produttivo al chilometro 35 dell’ex statale 494 Vigevanese, aveva già ottenuto la certificazione per il recupero dei rifiuti metallici di ferro, acciaio, alluminio e leghe di alluminio. Dopo il periodo iniziale di “rodaggio” a seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese che effettuano il recupero dei rifiuti non pericolosi e dopo aver analizzato il mercato in cui si trova a operare, la direzione aziendale guidata da Ivanoe Brunello, legale rappresentante e direttore tecnico dell’impianto, ha deciso che «l’area e le quantità in stoccaggio R13 “istantaneo” sono adeguate all’attuale momento di lavoro, mentre risulta necessario aumentare la quantità annuale di trattamento e recupero (R4) dei rifiuti non pericolosi a oggi autorizzati». Il geometra Massimo Boari ha steso la relazione tecnica: «Non ci sono ulteriori variazioni diverse dal solo aumento della potenzialità annuale e del corrispondente valore di potenzialità giornaliero di recupero; non ci sono variazioni inerenti i rifiuti ritirabili, né nelle aree di stoccaggio R13 utilizzate né nel fatto che viene utilizzata solo l’area coperta, cioè il capannone industriale». Oggi l’area di messa in riserva e di recupero di rifiuti non pericolosi ha una superficie di circa 2mila metri quadrati, di cui 600 saranno utilizzati per la nuova lavorazione. La superficie utilizzata è al coperto: nessuna attività sarà effettuata all’esterno. Naturalmente, la decisione definitiva sull’ampliamento sarà della Regione. Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 21 marzo 2012
Lomellina assediata diventa terra di rifiuti
di Filiberto Mayda
VIGEVANO Nevica a Parona, nevica a Sannazzaro de' Burgondi. Neve in questi due piccoli comuni della Lomellina che distano l'uno dall'altro non più di una ventina di chilometri. Nevica, eppure il cielo è solo nascosto da una sottile nebbia alta. A trasformare l'aria in fiocchi bianchi è un fenomeno dovuto alla condensazione di vapori emessi da due grandi impianti, che fanno paura: il termodistruttore di Parona e la raffineria dell'Eni. La gente del posto ci ha fatto l'abitudine, ma c'è ancora chi prima si stupisce e poi si spaventa. E mette insieme storie e fatti che raccontano come la Lomellina, terra di riso e di cascine, si stia trasformando nella pattumiera della provincia di Pavia, in una delle zone che politica ed affari hanno deciso di eleggere territorio dei rifiuti e dell'inquinamento. La Lomellina, d'altro canto, ha una serie di vantaggi: non è densamente abitata, ha buone vie d'accesso per quanto riguarda il trasporto su asfalto, ha una situazione di povertà industriale e di disoccupazione che rendono difficile contestare anche il peggiore dei progetti se porta soldi e magari qualche posto di lavoro. Lomellina, terra di discariche e di inceneritori. Non lo diciamo noi, lo dice l'Arpa Lombardia, presentando la situazione ambientale della provincia di Pavia: «Il numero di imprese industriali vede la provincia di Pavia all’ottavo posto nel panorama regionale, con una concentrazione delle attività, di tipologia estremamente varia, in Lomellina, ove si localizza anche il maggior numero di discariche». I numeri possono aiutare. E sono solo i numeri recenti, quelli disponibili tra le carte di un'amministrazione provinciale che negli ultimi vent'anni ha fatto di tutto salvo programmare la gestione e la raccolta dei rifiuti. Sono quelli degli impianti di trattamento rifiuti e in esercizio nel 2011 appena trascorso, la bellezza di 110, ossia uno ogni 5.000 abitanti, uno ogni 26 chilometri quadrati. Insomma, in una giornata limpida ci si potrebbe guardare attorno certi di posare lo sguardo, prima o poi, su un piccolo o grande impianto. Veniamo ai numeri più dettagliati, dunque. Ci sono 9e impianti autorizzati per trattamento e recupero fanghi in agricoltura, 10 autorizzati per solo stoccaggio di rifiuti, 7 per termodistruzione, 7 di discarica, 5 di compostaggio, 19 di autodemolizione, 10 di selezione e cernita, 53 di recupero rifiuti vari, 3 di depurazione rifiuti liquidi, 4 di inertizzazione, 10 piattaforme per rifiuti urbani, 53 piazzole ecologiche di Comuni, 1 gassificatore. «Questi impianti – spiegano all'assessorato provinciale alle politiche ambientali - possono essere autorizzati contemporaneamente a più di una delle citate attività contemporaneamente». Vi sono poi quelli autorizzati ed in esercizio: 7 impianti mobili di triturazione rifiuti e 81 impianti di recupero in procedura semplificata. Negli ultimi 3 anni sono stati rilasciati (non considerando le autorizzazioni di rinnovo e per varianti sostanziali agli impianti) atti di iscrizione al registro impianti di recupero per 14 nuovi impianti in procedura semplificata e autorizzazioni per 34 nuovi impianti in procedura ordinaria (vi sono comprese quelle per le piazzole per rifiuti urbani e gli impianti mobili). Negli ultimi 3 anni, infine, sono state respinte 2 istanze di iscrizione in procedura semplificata, cancellati 2 impianti dal registro dei recuperatori in semplificata e revocate 2 autorizzazioni per impianti in procedura ordinaria. Infine, un ultimo dato numerico: negli ultimi dieci anni la Regione Lombardia ha esaminato per la provincia di Pavia 82 procedure di diverso tipo che sono poi state autorizzate. Lo scenario è impressionante. Per tornare alla “neve” di Parona, basti dire che intorno al paese, a far ala al termodistruttore, ci sono un'industria di prodotti chimici, una di produzione di vernici, una fonderia di alluminio e una di ghisa. Sono, come vedremo, affari importanti, spesso milionari. L'utile, in questi progetti, è altissimo, la tecnologia richiesta spesso non supera quella artigianale, i costi bassi. Una mancata e seria pianificazione provinciale della gestione dei rifiuti è forse la causa di quanto sta accadendo, del proliferare di domande per realizzare impianti di trattamento dei rifiuti e discariche per l'amianto. L'amministrazione provinciale di Pavia si è sempre difesa spiegando che non era sua competenza (e non lo è tuttora) indicare i siti adatti a discariche per lo smaltimento dell'amianto. Qual è la situazione attuale sotto il profilo normativo? I criteri di localizzazione per le discariche di inerti ci sono (anche se nel Piano provinciale rifiuti il termine “amianto” non compare quasi mai), ma basati sul principio di escludere alcune aree non idonee, non assumendosi la responsabilità di indicare quelle idonee. Insomma, come ci conferma l'attuale assessore provinciale all'Ambiente, Alberto Lasagna, «è mancata la pianificazione di lungo periodo prima da parte della Regione e poi della Provincia nel non sollecitare la stessa Regione. Con buona probabilità, anche se non posso averne a posteriori la certezza, una migliore pianificazione avrebbe evitato la situazione nella quale ci troviamo adesso». All'inizio del 2012 proprio l’assessore Alberto Lasagna ha cercato di convincere la Regione a dare una frenata di tre, quattro mesi alle conferenze di servizio sulle discariche di amianto per dare tempo alla Provincia di fare quello che non è stato fatto nel decennio precedente: fornire, insieme ai sindaci del territorio, un'indicazione appunto pianificatoria rispetto alle discariche per il cemento-amianto. Siamo di fronte a vicende che hanno visto la popolazione pavese schierarsi contro i progetti, la politica a interrogarsi e gli imprenditori a difendersi. Tutto regolare sotto il profilo amministrativo e ovviamente penale. Eppure, in questi anni, si è sempre sentita la necessità di tenere la guardia alta. Anche perché, a volte, storie che sono al centro di storie giudiziarie hanno sfiorato la provincia di Pavia. E' il caso dell'inchiesta sull'assessore regionale Nicoli Cristiani. Da un colloquio intercettato, a un tavolo di ristorante, gli investigatori scoprono che imprenditori e politici si dividono la Lombardia. Meglio, gli affari sui rifiuti in Lombardia. Una vera e propria spartizione del territorio.
la Provincia Pavese - 17 marzo 2012
«L’inceneritore non rende» Vigevano vuole andarsene
di Sandro Barberis
Il matrimonio tra Vigevano e Lomellina Energia dura da quasi otto anni. Nell’estate del 2004 l’amministrazione comunale vigevanese di area Forza Italia guidata da Ambrogio Cotta Ramusino comprò per 6,5 milioni di euro il 20% del termodistruttore di Parona (nella foto un particolare dell’interno), che aveva aperto i battenti nel 2000. Nel 2005 è stata realizzata anche la seconda linea dell’inceneritore. Ora il termo paronese ha due forni che bruciano 380mila tonnellate di rifiuti all’anno e garantiscono la produzione di 38 megawatt di energia elettrica. L’Asm Isa (che al 95,23% è del Comune di Vigevano) ha il 20% di Lomellina Energia a cui paga oltre 2 milioni 800mila euro per gettare nei forni i rifiuti raccolti nei cassonetti di Vigevano.
VIGEVANO Nell’arco di qualche mese il termovalorizzatore di Parona, che brucia 380mila tonnellate all’anno di rifiuti, potrebbe non avere più alcun controllo pubblico. Il Comune di Vigevano è sempre più intenzionato a disfarsi della quota che detiene all’interno di Lomellina Energia, la società che gestisce l’impianto paronese, tramite la municipalizzata Asm Isa che si occupa della raccolta dei rifiuti in città. Alla base della scelta dell’amministrazione leghista di Vigevano c’è una divergenza di vedute con gli altri soci di Lomellina Energia. Non solo. C’è anche un problema di tipo economico. Intorno all’impianto di Parona ruota un fiume di denaro, 80 milioni di euro all’anno circa, ma la struttura non rende, o rende pochissimo. Dall’esercizio 2011 potrebbero non arrivare dividendi agli azionisti di Lomellina Energia che sono l’Asm Isa di Vigevano (20% delle quote) e la società Mf Waste, una controllata della Linea Group Holding che fa riferimento al gruppo bresciano Cogeme, che ha il resto delle azioni. A causare la non redditività delle due linee dell’inceneritore di Parona è anche un’azione legale che Lomellina Energia ha in corso con il Gse, società che ritira e colloca sul mercato i 38 megawatt di energia elettrica prodotta annualmente dal termovalorizzatore paronese. A dicembre, dopo una comunicazione del Gse a Lomellina Energia, c’è stata una riduzione da parte della società che acquista energia della tariffa pagata all’inceneritore di Parona per i certificati verdi (documenti che attestano la produzione di energia elettrica da fonti alternative). Questo ha provocato una differenza nei conti di Lomellina Energia di circa 4,5 milioni di euro. «Non sappiamo ancora se questa somma sarà iscritta come entrata nel bilancio 2011 che è in fase di chiusura - spiega l’amministratore delegato di Linea Holding Fabrizio Scuri - se questi soldi saranno inseriti a bilancio nel 2011 l’impianto di Parona ha guadagnato e potrebbero esserci dividendi. Se non sarà inserita questa somma a bilancio invece chiuderà intorno alla parità tra entrate ed uscite». Quindi anche la municipalizzata di Vigevano rischia di restare a bocca asciutta dalla divisione degli “utili” 2011. Non solo, oltre al mancato introito, c’è anche la beffa. Asm Isa, guidata da Davide Battaglia consigliere comunale di maggioranza dell’amministrazione leghista di Andrea Sala, è sia in parte proprietaria dell’impianto di Parona che è diretto da Vincenzo Filisetti (un uomo di punta della Cogeme). Ma allo stesso tempo è anche cliente del termodistruttore, a costi altissimi come ribadito a più riprese dal sindaco di Vigevano. Asm Isa paga a Lomellina Energia 112,35 euro per ogni tonnellata di rifiuti indifferenziati che getta nei forni di Parona. Da Vigevano arrivano annualmente circa 25mila tonnellata di rifiuti. A conti fatti Asm sborsa all’anno oltre 2 milioni e 800mila euro. Spesa che per forza di cose ricade poi sulle tasche dei vigevanesi. Un costo che non solo non è diminuito dal 2004 (quando il Comune di Vigevano comprò per 6,5 milioni di euro il 20% di Lomellina Energia), ma è aumentato. L’ultimo ritocco nel 2011 è stato di 3 euro alla tonnellata. «La tensione è altissima» ha detto in settimana Sala riguardo ai rapporti che intercorrono tra il Comune di Vigevano e gli altri soci di Lomellina Energia, che ha in progetto la costruzione di una terza linea di incenerimento a Parona: «Già si ferma spesso la prima linea. Siamo decisamente contrari alla costruzione della terza - ha ribadito il sindaco di Vigevano Andrea Sala - va contro i principi ambientali della mia amministrazione. La priorità è la salute dei cittadini e la qualità dell’aria. Questa volontà è in contrasto con la politica industriale di Lomellina Energia, che sa che vogliamo vendere le quote». Da Asm Isa arriva una conferma delle intenzioni di cedere le azioni possedute all’interno di Lomellina Energia: «La nostra posizione sulla cessione delle quote - spiega il presidente del consiglio d’amministrazione Davide Battaglia - è in totale sintonia con quella del sindaco».
SANTA CRISTINA Oggi a Milano, nella sede della Regione, la direzione generale Territorio e urbanistica presenterà la Vas (valutazione ambientale strategica) del Programma regionale di gestione dei rifiuti. I sindaci della Bassa, a partire da Santa Cristina, si presenteranno alla prima conferenza con un documento in cui si chiede, senza mezzi termini, di non prevedere più alcun tipo di impianti in provincia di Pavia. Una formula necessariamente generica, quella utilizzata dal sindaco Elio Grossi, visto il contesto in cui verrà presentata l’osservazione. Ma l’obiettivo è uno solo: il raddoppio dell’inceneritore di Corteolona. Che infatti, nella premessa, viene citato espressamente, così come nella parte finale del documento. « La produzione dei rifiuti solidi urbani in provincia è di circa 300 mila tonnellate rispetto alla capacità di termodistruzione di 380 mila tonnellate di Parona e di 75 mila di Corteolona – si fa notare nell’osservazione che verrà presentata oggi – a fronte di una raccolta differenziata del solo 28 per cento del totale prodotto. Per questo motivo le amministrazioni che aderiscono a questa richiesta chiedono di non procedere ad ulteriori autorizzazioni di realizzazioni di nuovi impianti finalizzati alla termodistruzione e che promuova l’incremento di recupero/riciclo dei rifiuti e della frazione umida». Ma oggi la Regione dovrebbe anche svelare le carte in materia, illustrando quale sarà il suo orientamento intema di rifiuti. La conferenza sulla Vas, infatti, è anche l’occasione per spiegare successivamente, provincia per provincia, la programmazione prevista per la gestione dei rifiuti nei prossimi anni. «Sorprese non dovrebbero essercene – commenta Grossi –. La partita si gioca comunque con la seconda conferenza Vas. Intanto noi mettiamo subito in chiaro come la pensiamo».(g.s.)
la Provincia Pavese - 17 novembre 2011
Centrale a biogas, è scontro
CILAVEGNA Una centrale elettrica a biogas nascerà nelle campagne verso Parona. Una società di scopo costituita da agricoltori e imprenditori della zona realizzerà infatti un impianto alimentato a mais della potenza di un megawatt: la giunta ha già dato parere positivo, in attesa che se ne discuta il 29 novembre prossimo in consiglio comunale, convocato per l’assestamento generale del bilancio. L’area in questione è prevista nel Piano di governo del territorio in fase di stesura. E l’impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è già fonte di polemiche fra la maggioranza di centrodestra e l’opposizione del Partito democratico. Il sindaco Giuseppe Colli difende la posizione della giunta. «La convenzione fra il Comune e la società proponente ci permetterà di introitare una somma complessiva di 100mila euro, in parte da destinare a finalità economiche e sociali – spiega – Mi sembra che l’operazione sia vantaggiosa per il nostro paese, tanto più che l’impianto sarà alimentato da fonti rinnovabili e non prevede emissioni inquinanti». Inoltre, 15mila euro saranno destinati alla parrocchia dei santi Pietro e Paolo, mentre una parte rilevante dell’accordo è costituita dall’assunzione di manodopera locale. «Abbiamo chiesto espressamente di attingere ai cittadini di Cilavegna ancora senza lavoro, oltre alle ditte locali che saranno chiamate per la manutenzione ordinaria e straordinaria», conferma il sindaco. Dalla minoranza di centrosinistra, però, si alzano le prime barricate. «La centrale non ci convince per nulla: siamo perplessi perché riteniamo che sarebbe corretto usare il mais, che sarebbe impiegato nella centrale come carburante, per quello che è, cioè un alimento – spiega Alberto Pisani, ex assessore e oggi sui banchi della minoranza con Progetto per Cilavegna – La giunta sostiene che non poteva fare diversamente ed era costretta a dare il via libera, ma noi crediamo che si potesse dire di no. Ci sarà un ritorno economico per il Comune, ma la Lomellina è già fin troppo satura di centrali di questo tipo e alla fine anche la nostra sarebbe realizzata solo per una motivazione economica». Il sindaco Colli chiosa: «Non mi sembrano appropriate le accuse di Pisani. Dall’operazione il Comune riceverà solo benefìci, sia in termini di introiti economici sia di occupazione». Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 16 novembre 2011
Fanghi, amianto e adesso le ceneri
di Filiberto Mayda GALLIAVOLA Saranno i tre punti del “triangolo maledetto”: l’ipotizzata discarica per l’amianto alla cascina Gallona di Ferrera Erbognone, al confine con il territorio di Sannazzaro; l’impianto di trattamento fanghi di Lomello; e, ora si teme, il progetto che pareva dimenticato della discarica di «prodotti inerti e ceneri inertizzate» (tra cui quelle dell’inceneritore di Parona) a Galliavola. Un progetto, quest’ultimo, già bocciato dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione, perché - in buona sostanza - ritenuto troppo vicino all’area residenziale. Ma la normativa, nel frattempo, sarebbe cambiata, e quella distanza è stata ridotta. Insomma, a sentire il proponente del progetto, ossia Asm Lomellina, oggi questa discarica si potrebbe fare. E, a quanto pare, è in discussione, davanti al Tribunale amministrativo regionale, il ricorso presentato da Asm. Ì giudizi negativi da parte del Pirellone erano stati abbastanza chiari: dal corso d’acqua dell’Agogna c’è una distanza di soli 320 metri, l’area interessata dall’intervento è di ben 147mila metri quadrati con un depositivo definitivo di circa 500mila metri cubi. Insomma, è grande. E a soli 650 metri di distanza ci sono le prime abitazioni, in particolare la casa di riposo per anziani. Mancava poi, nel progetto, un «idoneo piano di gestione delle terre di scavo, considerate rifiuti» e non si teneva conto che la discarica sarebbe sorta nel «corridoio ecologico primario individuato dalla Rete Ecologica Regionale», che prevede un corridoio di salvaguardia di 500 metri dall’asta fluviale del torrente Agogna. Infine, il progetto di ripristino viene giudicato «insufficiente alla ricomposizione naturalistica». Insomma, una bocciatura a tutto tondo. Ma Asm non si era arresa, ricorrendo al Tar. Della vicenda, da un paio di anni, nessuno aveva più parlato. Ora la giunta guidata dal sindaco Luigi Borlone ha incaricato della propria tutela legale lo studio Robecchi Majnardi di Pavia. «A breve ci sarà una riunione fra i legali incaricati e i capigruppo consiliari, in cui la situazione sarà illustrata nei minimi dettagli», conferma Carlo Carrera, capogruppo di maggioranza. Ma le polemiche politico-amministrative non mancano. «Ci stupiamo che il sindaco di Galliavola non ha ancora comunicato alla popolazione che cosa stia succedendo sul fronte discarica delle ceneri – commenta Loredana Longo, capogruppo della minoranza “Tradizione e futuro” – Noi non entriamo nel merito dei pesanti contenuti dell’istanza cautelare presentata l’estate scorsa da Asm, che ha l’evidente scopo di ribaltare la prima sentenza da cui la società è uscita perdente, ma facciamo notare a tutti che la guerra agli impianti a rischio non è finita: pertanto state e stiamo tutti in allerta». La vicenda giudiziaria era ripresa in primavera, quando la Regione aveva dato un parere di compatibilità ambientale sfavorevole: fra le osservazioni sollevate anche dal Comune, la progettata discarica si troverebbe appunto a meno di un chilometro della casa di riposo La Castellana. «Già due anni fa avevo fatto rilevare che si trova a meno di mille metri dal perimetro del sito individuato da Asm: questa distanza è prevista dal decreto della giunta regionale 8/220 del 2005», dice Borlone. Asm Lomellina Inerti, costola di Asm Isa spa di Vigevano, aveva presentato un primo ricorso e ora, con l’istanza cautelare, ribadisce il fatto che la normativa regionale non impedirebbe la nascita di un impianto per lo stoccaggio delle ceneri. Una legge successiva a quella citata dal Comune, infatti, avrebbe ridotto la distanza a 500 metri. Con buona pace degli anziani della casa di riposo. (ha collaborato Umberto De Agostino)
La Lomellina - Il settimanale della Gente - Mercoledì 09 Novembre 2011
Spunta una nuova centrale a biogas
Un Pgt che non rompe con il passato. L’opposizione così vede il Piano di Governo del Territorio che l’amministrazione del sindaco Giuseppe Colli sta preparando perché sia adottato in via definitiva entro la prossima primavera. “Il giudizio – apre il consigliere di Progetto per Cilavegna Alberto Pisani – per ora non può che essere parziale, perché ho potuto di vedere solo di recente quanto si sta preparando e mi pare, comunque, che si sia ancora ad un livello di bozza.
Questo almeno è quello che ho potuto constatare in commissione urbanistica… Non va a sconvolgere la fisionomia di Cilavegna e perciò si pone in continuità con quanto si è fatto in passato, del resto il tecnico che si sta occupando della redazione del Pgt – l’architetto Renato Lavezzi – è quello che storicamente ha seguito lo sviluppo dell’urbanizzazione di Cilavegna”. A livello generale Progetto per Cilavegna condivide la scelta di tenere conto della ripartizione insediativa che si è prodotta nel tempo, così come la volontà di limitare il più possibile il consumo di suolo in accordo alle linee guida regionali. Ciononostante, ad un giudizio tutto sommato positivo su quelli che sono gli indirizzi generici del Pgt, si sostituisce una valutazione maggiormente critica della scelta di prevedere l’insediamento di una centrale elettrica a biogas nell’area che collega il paese a Parona. “La centrale – spiega Pisani – non ci convince per nulla. Siamo perplessi perché riteniamo che sarebbe corretto usare il mais, che sarebbe impiegato nella centrale come carburante, per quello che è, un alimento. L’amministrazione dice che non poteva fare diversamente ed era costretta a dare il via libera, però io credo si potesse dire di no. Di certo ci sarà un ritorno economico per il comune, ma la Lomellina è già fin troppo satura di centrali e quindi alla fine questa la si farebbe solo per una motivazione economica”.
Più conciliante invece la posizione circa il recupero delle aree industriali dismesse, quella storica dell’ex Cagi e quella collocata dietro la Comez, sulla strada per Gravellona. “Dovrà essere trovata una soluzione adatta – dichiara il consigliere comunale – per l‘ex Cagi che, trovandosi a ridosso del centro città, necessita di essere recuperata. Gli insediamenti dietro la Comez, invece, sono di difficile recupero in questo momento economico, però è importante che si trovino soluzioni che tutelino le aziende che sono ancora aperte in quell’area”.Inceneritori, le verità nascoste - Il Fatto Quotidiano - 7 Marzo 2011
Aveva 46 anni Antoine Lavoisier quando, nel 1789, pubblicò il suo Traité Élémentaire de Chimie (Trattato elementare di chimica) . Un trattato che aprì le porte della chimica moderna e che racchiudeva una delle leggi più importanti su cui si è basata la ricerca: la legge della conservazione della massa. Forse alcuni di voi la ricordano dagli studi del liceo, forse altri ne avranno sentito parlare in qualche trasmissione scientifica; a Palazzo Chigi di Lavoisier non sembrano averne mai avuto notizia.
Da tempo i nostri politici parlano di “termovalorizzatori”, termine inesistente sia nel gergo tecnico sia nella stessa lingua italiana, che lo ha dovuto adottare per forza di cose, non essendoci in Italia un confronto pubblico tra i diversi pareri in gioco. Anche in questi giorni, mentre a fatica si tenta di riportare la situazione napoletana alla normalità, la bufala viene riproposta come soluzione. Gli inceneritori - chiamiamoli con il loro vero nome – seguono le stesse leggi della chimica di tutti gli altri processi in natura, riducendo per combustione il volume dei rifiuti immessi, modificandone la composizione chimica, ma non la massa. Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
All’inaugurazione dell’inceneritore di Acerra, Berlusconi lo aveva definito “un dono di Dio”, una tecnologia innovativa da adottare in giro per l’Italia, che “inquina quanto due auto di media cilindrata poste a 110 metri di altezza”.
La verità, come spesso accade rispetto alle dichiarazioni dei nostri politici, è ben altra. L’impianto di Acerra è ben lontano dall’essere un prodigio della tecnica: dell’energia prodotta, solo un quarto viene impiegata per produrre elettricità. Il calore in eccesso, che potrebbe essere recuperato per il teleriscaldamento, viene smaltito in aria e in acqua, contribuendo ulteriormente all’abbassamento dell’efficienza di produzione, differentemente da quanto dichiarato da alcuni esponenti politici. La pochissima energia elettrica prodotta, in parte riassorbita dall’impianto per il suo funzionamento, viene incentivata oltremisura con i fondi del Cip6, destinati sulla carta alle fonti rinnovabili, il cui 92% – oltre 2.5 miliardi di euro all’anno – è invece finito ad arricchire le imprese che avevano costruito gli inceneritori.
A una scarsa efficienza energetica si aggiunge l’estrema pericolosità dei prodotti di scarto. Nel solo impianto di Acerra dovrebbero essere processate 81.21 tonnellate di rifiuti solidi urbani ogni ora, dai quali è stata eliminata (a meno di non smaltire le ecoballe che la stessa Fibe, azienda costruttrice dell’impianto, ha prodotto per anni illegalmente) la cosiddetta “frazione umida”. In sostanza, il potere calorifico che permette il parziale recupero dell’energia si basa principalmente su materiali come plastica, legno e carta, ampiamente riciclabili e dalle quali si potrebbe risparmiare fino a 7 volte l’energia impiegata per produrne di nuove e allo stesso tempo dare un serio apporto all’occupazione, visto l’indotto che si crea intorno alla filiera del riciclaggio.
Tuttavia, non si tratta unicamente di un problema energetico. In uscita dall’impianto, tra scorie provenienti dalla camera di combustione e dalle ceneri ottenute dal trattamento dei fumi, escono circa 21 tonnellate di rifiuti speciali, il cui smaltimento resta un compito difficile, generalmente affidato ad impianti di stoccaggio dedicati. Il problema di eliminare le discariche, quindi, è solo ridotto al costo di un aumento della tossicità del rifiuto da stoccare.
Le centinaia di materiali diversi che vengono combusti nell’impianto comprendono anche metalli pesanti e cloro – per citarne alcuni – che inevitabilmente fuoriescono dai camini, spesso legandosi chimicamente lontano dalle centraline di rilevamento per creare composti tossici di cui l’uomo è bioaccumulatore (es. diossine) o ridotte a dimensioni così piccole da illudere i sensori previsti dalla legge (nanopolveri), ma sufficientemente per superare la nostra barriera ematocerebrale e causare un aumento dell’incidenza di patologie oncogene.
Si tratta di circa 65 tonnellate ogni ora a cui vanno aggiunti i reagenti immessi nel trattamento, arrivando a circa 80 tonnellate ogni ora di composti di varia natura immessi in atmosfera, che vanno a precipitare sul terreno di un’area valutabile in qualche centinaio di chilometri quadrati. Nonostante le certezze della scienza, la strategia per affrontare la questione dei rifiuti in Italia è sempre la stessa: assegnare agli inceneritori il ruolo cardine della soluzione, aprire qualche nuova discarica con la scusante dell’emergenza e sbandierare dichiarazioni a vuoto sull’importanza della raccolta differenziata all’interno del ciclo.
Peccato che sia le leggi italiane – in particolare il Dlgs 152/06 e la Legge 296/06 – sia le direttive europee sostengano il contrario, obbligando a quote di riciclaggio del 60% entro quest’anno. Ad oggi, invece, solo 25 province riescono a superare la quota del 40%. Campania e Lazio sono i fanalini di coda tra le Regioni, con poco più del 10% e la Sicilia non gode di posizioni migliori: Palermo e Messina non raggiungono il 5%, saturando discariche che dovrebbero essere destinate ad accoglierne solo una piccola percentuale. San Francisco, la cui popolazione raccoglie quella di Napoli e Roma messe insieme, ha superato da poco il 75% della raccolta differenziata, raddoppiando in pochi mesi la quota attraverso la raccolta porta a porta.
Ma il riciclaggio è nemico degli inceneritori, perché li priva della loro materia prima, impoverendo le qualità caloriche del rifiuto urbano e rendendo poco conveniente il recupero energetico, persino in presenza dei fondi del Cip6. Le dichiarazioni dei politici inneggianti a un tragitto obbligato che impieghi entrambe le soluzioni, cominciando dalla costruzione di impianti di incenerimento, mostra l’evidente ignoranza rispetto a semplici principi di fisica e di chimica, o peggio, la malafede nella pianificazione della gestione dei rifiuti.
L’Italia persiste nell’adottare tecnologie obsolete e non sostenibili, che in fondo riflettono perfettamente i caratteri della sua classe dirigente. Assenza di pianificazione a lungo termine, ignoranza diffusa e corruzione: forse i veri rifiuti da smaltire siedono in Parlamento.la Provincia Pavese - 10 febbraio 2011
Corteolona, il no in Provincia
CORTEOLONA. Ecodeco ci metterà almeno tre mesi per rivedere il piano di ampliamento dell’inceneritore di Corteolona, ma nel frattempo il fronte del no non intende stare a guardare.
E al prossimo consiglio provinciale si presenteranno tutti insieme, sindaci e cittadini, per chiedere a Piazza Italia di esprimersi su questo progetto. L’occasione sarà la mozione dei consiglieri di Rifondazione Teresio Forti e Giuseppe Invernizzi. Poche righe, ma forti: «Il consiglio provinciale si esprime in senso contrario al progetto e impegna questa Amministrazione ad intervenire presso la Regione affinchè non venga rilasciata l’autorizzazione». Due i punti su cui Rifondazione fa leva: «L’impianto ha una capacità di ulteriori 230 tonnellate di rifiuti - spiega Invernizzi - quindi risponde ad esigenze ben diverse da quelle del territorio provinciale. Inoltre, stando al Piano rifiuti deciso dalla Provincia, l’inceneritore non serve. Abbiamo già Parona, che brucia più del fabbisogno locale». Rifondazione ha fatto appello al popolo dei contrari sparso tra 25 paesi della Bassa affinchè si presenti in consiglio per «evitare che non si discuta la mozione». In effetti il sindaco di Belgioioso Fabio Zucca, nonchè consigliere provinciale, aveva già presentato un’interpellanza, ma dopo due mesi non se n’è ancora discusso: «Come territorio sicuramente non abbiamo bisogno di un inceneritore. E poi sono contrario ad un modello che prevede solo centri commerciali e rifiuti. Ma qui siamo in una regione dove decide il Pirellone non il territorio, vedi il caso di Borgarello». Anche Santa Cristina ci sarà: «Non solo, se avremo la possibilità di intervenire lo faremo. Tanto più che ora proporremo alla Convenzione ambientale del Basso Pavese (che comprende 17 Comuni) di dire no al progetto di Ecodeco». Così come ci sarà Monticelli: «La nostra provincia già smaltisce rifiuti di Sondrio, Emilia e Piemonte, che necessità abbiamo di un nuovo inceneritore, che indubbiamente inquina, se non per occuparci di scarti di altre regioni? In più il Piano rifiuti approvato da Piazza Italia prevede più differenziata e non nuovi impianti». Non mancheranno neppure cittadini del Comitato contro il temovalorizzatore: «Ci saremo sicuramente con cartelli e striscioni - spiega Cristina Barzaghi - I nostri politici amano contarci e, in periodo pre-elezioni, faremo valere i nostri numeri e il nostro dissenso».
-Linda Lucini
la Provincia Pavese - 04 gennaio 2011
Clir, sconto a chi differenzia meglio i rifiuti
MEDE. Il metodo di calcolo degli importi a carico dei Comuni soci del Clir spa va rivisto secondo «criteri di maggiore equità». All’orizzonte della società di raccolta e smaltimento dei rifiuti con sede a Mortara si profila una rivoluzione.
Ovvero, i Comuni più popolosi seguono una «pratica virtuosa» che, paradossalmente, sembra penalizzarli sotto l’aspetto economico. Ne parla il sindaco di Mede, Giorgio Guardamagna. «L’argomento è già stato affrontato nell’ultimo anno: credo che nel calcolare le somme dovute dai soci vada tenuto conto di alcuni aspetti oggettivi, primo fra tutti, il costo superiore a carico dei Comuni con la piazzola ecologica e che svolgono la raccolta differenziata porta a porta - dice - Inoltre, i Comuni al di sotto dei 5mila abitanti versano il 10% in meno rispetto a quelli maggiori: in questo modo, l’attenzione posta da alcuni Comuni soci a pratiche virtuose è sostanzialmente penalizzata da un sistema di calcolo dei costi ormai superato». Senza contare che non tutti i Comuni hanno aderito al progetto di monitoraggio ambientale svolto dall’istituto di ricerche «Mario Negri» di Milano, convenzionato con il Clir spa. In sostanza, Mortara, Mede, Robbio, Gambolò, Sannazzaro, Cilavegna e Dorno chiedono «maggiore equità» nella distribuzione delle spese. Mario Arcelloni, vice sindaco ed ex sindaco di Robbio, aggiunge: «Dieci anni fa costruimmo la piazzola ecologica con una spesa di circa 60mila euro e oggi paghiamo al Clir 15mila euro l’anno per la gestione. Sono costi consistenti, che la gran parte dei 41 Comuni soci non ha mai sostenuto: al contrario, chi si è dato da fare, viene penalizzato». Oggi il Clir suddivide le tonnellate prodotte in tutto il bacino per il numero di abitanti di ogni Comune, ma qualcuno chiede di rivedere il sistema. Silvano Colli, sindaco di Parona (2mila abitanti) ed ex presidente del Clir, commenta: «Il criterio in discussione era stato deciso 30 anni fa, quando fu costituito il Clir. Ora, se si vuole rimettere in gioco, sarebbe necessaria l’unanimità del territorio». In questa fase la mozione Guardamagna è al vaglio del consiglio d’amministrazione del Clir, guidato dal presidente Federico Bertani, e del direttore generale Marco Rivolta. In sintesi, il sindaco di Mede suggerisce a tutti i soci di «uniformarsi alle pratiche virtuose» già messe in atto dai Comuni maggiori. La decisione, forse, già entro gennaio.
-Umberto De Agostino
AGORA VOX - 12 Gennaio 2011
Incenerire i rifiuti costa più che fare la raccolta differenziata
Sfatato l’antico mito che mandare i rifiuti agli inceneritori conviene alla tasche dei cittadini: riciclare costa meno e fa risparmiare.
Ma a chi avesse ancora qualche dubbio che ambiente e risparmio possano andare d'accordo, rispondono i dati di uno studio della Regione Lombardia: nei territori che fanno maggior ricorso all'incenerimento, questa scelta si traduce in un maggior costo a carico dei cittadini. Questo è vero in particolare nei capoluoghi, come ben sanno a Cremona, città al 44% di raccolta differenziata, dove il costo medio per abitante è di 128 euro, mentre a Pavia, che a fatica raggiunge il 28% potendo contare sul mega-inceneritore di Parona, la spesa schizza a 161 euro, ben 33 euro in più. Ma più in generale il risparmio appare chiaro anche confrontando i dati medi provinciali: le province che superano il 50% di raccolta differenziata e che mandano all'inceneritore solo piccole quote dei propri rifiuti spendono meno di quelle in cui si trova la gran parte degli inceneritori lombardi: nelle province di Milano, Brescia e Pavia si spende infatti di più che in quelle di Bergamo, Cremona e Varese.
E' quanto emerge da uno studio commissionato da Regione Lombardia sui costi del conferimento e smaltimento dei rifiuti che mette a confronto il sistema dei sacchetti colorati con il tradizionale utilizzo dell'inceneritore. E dal paragone gli impianti di incenerimento escono decisamente sconfitti mentre la raccolta differenziata si dimostra il sistema più conveniente per la gestione dei rifiuti lombardi. Dal dossier, emerge anche un altro dato: tra la raccolta porta a porta e i cassonetti costa meno la raccolta domiciliare rispetto a quella stradale. In media 69,31 euro per abitante con il porta a porta e 74,45 euro per i cassonetti. Quello che vale per la Lombardia, vale anche per il Piemonte: la costruzione del mega-inceneritore del Gerbido, oltre a vanificare i lodevoli sforzi dei cittadini e delle amministrazioni per fare una buona raccolta differenziata, comporterà sicuramente un aumento dei costi a carico di tutti noi. Diffidate quindi da chi vi racconta che con l’inceneritore tutti i problemi saranno risolti. Oltre a ciò il pericolo è che più i comuni diventeranno “virtuosi” aumentando la quantità di raccolta differenziata, più si dovranno bruciare rifiuti “speciali” o addirittura “pericolosi” oppure importare rifiuti da altre zone, così che oltre alla beffa dei fumi della ciminiera avremo il danno dei fumi di gas di scarico dei camion. Non è certo questo il futuro che vogliamo per noi e per i nostri figli e per questo vi invitiamo a tenere d’occhio il sito internet di Rivalta Sostenibile ed i prossimi comunicati perché saranno indette iniziative informative sull’inceneritore del Gerbido.
Noi della Nuova Stagione lo avevano detto nel 2008, dimostrandolo con una dettagliata Analisi tra le due realtà.
la Provincia Pavese - 15 dicembre 2010
«Serve il porta a porta»
VOGHERA. Il movimento Voghera 5 Stelle riapre il confronto sulla differenziata. S’invita palazzo Gounela a stralciare il contratto con l’inceneritore. Dopo il dibattito alla fondazione Adolescere, il gruppo consiliare di minoranza fa sintesi con un documento: «Si bruciano rifiuti a Parona perché c’è un contratto capestro che impone addirittura un “minimo garantito”. Voghera farebbe bene a sedersi al tavolo con Lomellina Energia e con la Provincia per rivederlo anticipatamente». Solo così secondo il Movimento 5 Stelle si potrà dare slancio alla differenziata, scongiurando sanzioni europee. «Serve il porta a porta - sprona il gruppo consiliare d’opposizione -. Vorremmo adottare il sistema sperimentato con successo a Capannori, affidandoci ad esperti della gestione rifiuti e mettendo in atto un coinvolgimento diretto delle associazioni e dei cittadini». Si vuole informare e motivare i cittadini, a tutela dell’ambiente e del portafoglio. Il movimento Voghera 5 Stelle insiste sui conti: «Dal centro multiraccolta di strada Folciona all’inceneritore di Parona il trasporto dei rifiuti indifferenziati costa 350mila euro l’anno. La differenziata non può essere lasciata alla sola buona volontà dei cittadini. Servono sensibilizzazione e incentivi. Con la raccolta porta a porta si potrebbero anche risparmiare i cassonetti stradali e dare lavoro».
la Provincia Pavese - 10 dicembre 2010«Avviate la raccolta dell umido»
VOGHERA. Legambiente chiede all’Asm di «avviare senza ulteriori indugi la raccolta separata dell’umido domestico, da destinarsi all’impianto di compostaggio della nostra città, e di non obbligarci a bruciare nell’inceneritore di Parona ogni speranza di soluzione». L’associazione propone inoltre «di rivedere i termini contrattuali, in scadenza nel 2012, tra Asm e l’inceneritore: finché non si abbasserà la quantità di rifiuti da conferire all’incenerimento non si potrà mai partire seriamente con la raccolta differenziata». Il circolo cittadino di Legambiente presenta i dati di una sua campagna per la raccolta dell’alluminio, e ne approfitta per chiedere un maggiore impegno di Asm: «Abbiamo concluso un’azione dimostrativa - spiega la presidente del circolo, Chiara Depaoli - e in pochi mesi abbiamo recuperato 40 chili di acciaio, 28 di alluminio e 7 di scatolette alimentari. Abbiamo comunicato l’esito all’Asm. Siamo soddisfatti di avere visto comparire in città alcune campane blu per la raccolta delle lattine: è un segnale apprezzabile, ma non basta». Per Legambiente, finora «è mancata la volontà politica per fare una convinta raccolta differenziata, accampando spesso ragioni economiche («costa troppo») altrove superate. L’associazione sottolinea che l’Asm «è una società in cui il Comune di Voghera rappresenta il 98 per cento dei soci, con un consiglio di amministrazione composto da autorevoli rappresentanti di partito della città». Per questo l’azienda dovrebbe impegnarsi a conferire meno rifiuti nell’inceneritore di Parona, che secondo Legambiente «è uno dei siti della nostra provincia con il più alto livello di inquinamento da pm10. Bisogna ridurre la produzione di rifiuti, sia per diminuire i costi dello smaltimento, sia per trarre un utile dalla vendita delle “materie secondarie” raccolte in modo differenziato e conferite agli impianti di lavorazione, dove verranno trasformate in nuovi beni da collocare sul mercato». L’associazione ricorda che «manca completamente un progetto per aumentare la percentuale di raccolta differenziata, sia da parte della Provincia, che del Comune, che di Asm». - Daniele Ferro
la Provincia Pavese - 17 novembre 2010 Discarica nella cava «Serve un esame più approfondito»CODEVILLA. «Credo proprio che la Provincia chiederà la Valutazione di impatto ambientale per il progetto sull’ex cava Bettaglio. In questo modo il piano passerebbe al vaglio della Regione: la questione si complica e i tempi si allungano». Mario Anselmi, assessore provinciale all’Agricoltura (nonché ex sindaco di Torrazza Coste, e residente a poche centinaia di metri dalla cava) spiega che il progetto di recupero ambientale presentato dall’azienda Enerty, «non convince i tecnici della Provincia, che l’hanno ritenuto incoerente. Da una parte - prosegue Anselmi - si prevede di recuperare il laghetto che è in stato di abbandono, dall’altra però si riempirebbe una cava di materiale inerte: i due obiettivi sono in contrasto tra loro». La Provincia ha già chiesto all’azienda di approfondire il piano attraverso una serie di consistenti integrazioni tecniche, tra cui uno studio idrogeologico, ma ancora non si è stabilita la prossima data di discussione, e la Conferenza dei servizi di un mese fa, come spiega Anselmi, «non ha prodotto nulla». L’assessore invita a non forzare i toni: «Parlare di discarica in questo momento - dice - mi sembra un po’ forzato. Credo che bisogna aspettare il lavoro delle istituzioni, e solo quando saranno fatti gli approfondimenti potremo dire se si tratta di un recupero ambientale o di una discarica. In quest’ultimo caso comunque il piano non passerebbe, perché essendoci l’inceneritore a Parona non si possono fare discariche». Ma come residente cosa pensa? «Non sono preoccupato - risponde Anselmi - perché ho fiducia nelle istituzioni: se la Provincia chiederà la Via anche la Regione farà il proprio dovere». La mobilitazione dei cittadini però continua. Questa sera si riunisce la consulta Ambiente di Torrazza (il cui acquedotto verrebbe coinvolto in un eventuale inquinamento prodotto dalla cava) e si attende che Provincia e Regione diano una risposta alla segnalazione che la consulta e il comitato «Tuteliamo e valorizziamo il territorio» hanno fatto a inizio novembre: la cava, seppur privata, è luogo di passeggiate, e alcuni hanno notato che l’acqua (prima che iniziasse a piovere come negli ultimi giorni) era diminuita di molto. La presenza di una pompa idraulica nella cava, secondo i cittadini, dimostrerebbe che l’azienda ha già iniziato i lavori. In ogni caso, precisano al comitato, «noi abbiamo solo fatto una segnalazione: la verifica spetta alle istituzioni»
Daniele FerroMortara mette a posto il bilancio
MORTARA. I fondi entrati dopo l’accordo con il Comune di Parona dovrebbero consentire a Mortara di rispettare il patto di stabilità. Un’intesa per la messa in funzione della seconda linea dell’inceneritore, siglata per oltre 400mila euro, a saldo del dovuto per gli anni scorsi. «Questi fondi ci consentono di stare abbastanza tranquilli, anche se serviranno ancora alcuni giorni per avere la certezza definitiva - spiega il sindaco di Mortara, Roberto Robecchi -. Entro il 22 novembre, giorno del consiglio comunale, quando si discuterà l’assestamento di bilancio, il quadro sarà comunque preciso». Il problema di Mortara, come quello di molti altri comuni, è stato quello di far quadrare i conti di fronte ai vincoli decisamente severi imposti dalla legge di stabilità, la ex Finanziaria. L’amministrazione comunale sta infatti limando i conti per poter rientrare nei parametri, come conferma anche l’assessore al bilancio Fabio Farina: «Tutto il lavoro che stiamo facendo va in questa direzione», afferma per ora senza sbilanciarsi. Sta di fatto che anche Mortara si è già premunita, adottando anche lo strumento del cosiddetto «anticipo fatture», per consentire ai fornitori del Comune che eventualmente avessero necessità, di vedersi anticipare il pagamento di crediti, di avvalersi del supporto di alcune banche con cui è stato stipulato un accordo per avere condizioni particolarmente favorevoli. Con questa entrata diventata quindi una certezza non si dovrebbe ripetere lo scenario che si era verificato nel 2007: la giunta leghista, appena insediata, sforò i parametri del patto, con conseguenze sui conti dell’anno successivo e con un seguito di polemiche da parte degli ex di Forza Italia e di An, ora Pdl, passati all’opposizione. Ma né nel 2008 né nel 2009 il patto fu sforato un’altra volta, e sembra a questo punto che, anche quest’anno si dovrebbe arrivare al rispetto dei parametri indicati. - Simona Marchetti
la Provincia Pavese - 11 novembre 2010
Gambolò, ritorna l'incubo della discarica
GAMBOLO’. «Il settore immobiliare è sotto del 50% da due anni. Una discarica ci darebbe il colpo di grazia. Sembra una beffa: la ripresa dà i primi segnali adesso». Preoccupa l’ipotesi di una discarica di cemento amianto alla frazione Belcreda. «Chi da Milano verrebbe in agriturismo? E quanto varrebbero i nostri prodotti sul mercato? Così ci fanno chiudere», protestano gli agricoltori. Intanto in municipio la giunta registra le dimissioni dell’assessore all’ecologia Davide Albertin, le cui competenze passano al sindaco Elena Nai. Mentre con l’ex vicesindaco Antonio Costantino, da luglio consigliere di minoranza, la Lega ribadisce contrarietà al progetto: «In base ai nuovi criteri imposti dalla Regione, il 100% del territorio gambolese non può ricevere insediamenti: discorso morto e sepolto». Il dibattito sulla discarica si mescola a quella che, secondo il Carroccio, è una «crisi politica dentro il Pdl». «Solo strumentalizzazioni - replica il vicesindaco Gianpiero Zucchetti -. Albertin esce per ragioni personali e lo capisco: la politica rischia di impegnare troppo se si ha famiglia. La discarica non c’entra, continua a restare un’ipotesi lontana, nemmeno tra le priorità in discussione in giunta». In municipio non ci sarebbe nulla più di una bozza di massima presentata da una società di Milano. Una manifestazione di interesse, per come la intende Zucchetti, a cui l’esecutivo Nai ha dato disponibilità, autocandidandosi a ospitare un sito di stoccaggio di cemento amianto simile a quello che potrebbe essere realizzato a Ferrera. Località Belcreda, dove cioè dal 1992 al 1998 sono state smaltite 1 milione e 533mila tonnellate di rifiuti solidi urbani. L’opzione Gambolò prenderebbe piede se Ferrera facesse un passo indietro, essendo stato previsto dalla Provincia un solo sito in Lomellina. E cioè, se alla consultazione popolare prevista a Ferrera in gennaio prevalessero i no. «Su 800 elettori bastano 401 contrari e io mi adeguo. D’altra parte continua a non esserci nessun progetto, solo Cava Manara lo ha presentato in Regione», ha ripetuto il sindaco di Ferrera, Giovanni Fassina. Gambolò ha quindi paura che si riapra il capitolo a dodici anni dallo smantellamento della discarica di rsu di Belcreda: «Finiamo come Parona e torniamo nell’incubo». Il clima è questo nonostante gli addetti ai lavori abbiano più volte sottolineato che l’amianto reso inerte in discarica non presenta rischi rispetto alle lastre sui tetti. «E chi ci garantisce che non ci sia dispersione di particelle? E le conseguenze sulla viabilità?». Secondo il consigliere di opposizione della Lega la questione sarà risolta entro l’anno dalla Provincia su iniziativa della Regione, che ha chiesto di irrigidire i criteri di identificazione delle aree per potenziali discariche. E Gambolò risulterebbe incompatibile a qualsiasi tipologia di discarica. - Simona Bombonatola Provincia Pavese - 10 novembre 2010
«Le polveri sono sotto controllo»
PARONA. Le cause dell’incendio scoppiato giovedì scorso all’inceneritore non saranno note prima di 15 giorni. Intanto i vigili del fuoco continuano a stazionare nell’area dell’impianto dei rifiuti di strada Scochellina. «Lo scopo è controllare che non ci siano focolai nascosti sotto i cumuli di detriti ancora da rimuovere», fanno sapere da Cogeme, cui fa capo Lomellina Energia, la società che gestisce il termovalorizzatore da 380mila tonnellate annue di rifiuti. Intanto, il paese sembra ormai abituarsi ai picchi del Pm10: le polveri sottili sono balzate dai 24 microgrammi al metro cubo di giovedì agli 80 di domenica. «Purtroppo viviamo così da anni e non c’è alcuna soluzione con tutte queste industrie», dice una donna che esce dal negozio di alimentari di piazza Nuova. Ma secondo l’assessore Giuseppe Ferretti il picco di domenica è dato da un fattore ben preciso: «Il Pm10 sale in autunno e in inverno quando le famiglie accendono i termosifoni». E il sindaco Silvano Colli gli fa eco: «Tanto rumore per nulla. Questo valore è stato raggiunto solamente un giorno». Ma qualcuno mette in relazione il Pm 10 con le fiamme sprigionatesi dal capannone di stoccaggio della frazione organica stabilizzata, il cosiddetto compost. L’incidente non aveva determinato conseguenze nella gestione della raccolta dei rifiuti in Lomellina e nel Vogherese, zone che fanno parte del bacino provinciale B e che smaltiscono l’immondizia urbana a Parona. Ieri all’impianto di Lomellina Energia stazionava ancora un mezzo dei Vigili del fuoco, mentre all’esterno qualcuno si è chiesto il motivo di uno sversamento di acque dall’area dell’inceneritore in un fosso limitrofo. «Sono acque autorizzate, pulite, derivanti dal processo di lavorazione del termovalorizzatore», spiegano sempre da Cogeme. Ieri mattina il direttore Emilio Lorena ha preferito far rispondere all’ufficio stampa. Le operazioni di rimozione dei detriti sotto il capannone andato in fumo sono ancora in corso a cinque giorni dall’incendio scoppiato all’impianto: «Le cause dell’incidente, che non ha causato danni a persone, sono in fase di accertamento». (u.d.a.)
la Provincia Pavese - 06 novembre 2010
Tre centraline controlleranno l'aria
PARONA. Prorogato per i prossimi cinque anni il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. Ieri il sindaco Silvano Colli (nella foto) e il presidente di Lomellina Energia, Vincenzo Filisetti, hanno firmato l’accordo per le tre centraline di rilevamento della qualità dell’aria situate a Parona, Mortara e Vigevano, dal 2007 gestite dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Le apparecchiature sono di proprietà di Lomellina Energia srl, la società che gestisce il termodistruttore e che fa capo a Linea Group Holding. A Parona l’Arpa rileverà il Pm10, mentre a Mortara sarà possibile registrare anche le concentrazioni di Pm2.5. Le tre centraline saranno inserite nella rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria gestita dall’Arpa. «Il rinnovo del monitoraggio garantirà alla popolazione sicurezza e tranquillità sotto l’aspetto del monitoraggio ambientale», commenta il sindaco Colli. (u.d.a.)
la Provincia Pavese - 06 novembre 2010
Danni gravi, ma il termo funziona
PARONA. L’inceneritore continua a ricevere rifiuti solidi urbani. In attesa di quantificare i danni, che dovrebbero ammontare comunque a qualche centinaio di migliaia di euro, è stata però scongiurata l’emergenza in seguito all’incendio scoppiato l’altra sera nel capannone di stoccaggio della frazione organica stabilizzata, il cosiddetto compost. L’incidente non ha determinato conseguenze nella gestione della raccolta dei rifiuti in Lomellina e nel Vogherese, zone che smaltiscono l’immondizia a Parona. Lo comunicano Vincenzo Filisetti e Andrea Fava, presidente e amministratore delegato di Lomellina Energia, la società che gestisce l’impianto di strada Scochellina autorizzato a bruciare 380mila tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani e di combustibile da rifiuto. «Il rapido intervento dei vigili del fuoco, oltre alla disponibilità di diversi sistemi di sicurezza e di protezione ambientale recentemente potenziati anche a seguito degli incendi del 2008, ha preservato le aree di produzione che, pertanto, continuano a funzionare senza alcun problema garantendo la continuità del pubblico servizio», assicurano. Le cause dell’incidente, che non ha determinato danni a persone, sono in fase di accertamento da parte dei tecnici, anche se con tutta probabilità l’origine dell’incendio è accidentale. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco di Pavia, Vigevano, Mortara, Robbio, Garlasco e Milano, che hanno spento le fiamme evitando che l’incendio si propagasse dal capannone lungo 150 metri e largo 50 alle altre zone del termodistruttore. «Tutti gli elementi di messa in sicurezza sono stati resi operativi e, grazie all’intervento dei vigili del fuoco e del personale interno dello stabilimento, l’incendio è stato circoscritto - commentano Filisetti e Fava - La società si è subito attivata informando le istituzioni competenti, dalla Provincia al Comune e all’Arpa. Ringraziamo, inoltre, chi si è prodigato nell’opera di spegnimento dell’incendio e, in particolare, i comandi dei vigili del fuoco, l’Arpa di Pavia, il Servizio di soccorso pubblico 118 e le stazioni locali dei carabinieri». Anche il sindaco Silvano Colli è stato informato dell’accaduto. «Mi spiace che si sia verificato questo incidente, che per fortuna non ha avuto conseguenze - dice - Malgrado tutto, ritengo che l’impianto di Lomellina Energia sia uno dei più sicuri d’Italia». L’altra sera, malgrado il fumo denso sprigionatosi dal capannone, non è stato necessario far evacuare la popolazione, mentre nemmeno il traffico lungo l’ex statale 494 fra Vigevano e Mortara è stato interrotto. Nel 2008 all’inceneritore erano scoppiati due incendi. - Umberto De Agostino
la Provincia Pavese - 05 novembre 2010
Fiamme all inceneritore, crolla un capannone
PARONA. Fiamme visibili a distanza, un fumo denso su tutta la zona industriale di Parona, vigili del fuoco mobilitati da tutta la provincia e da Milano: l’incendio è scoppiato ieri poco dopo le 20 al termodistruttore di via Scochellina. Le fiamme si sono estese causando il crollo del tetto di un capannone lungo 150 metri e largo una cinquantina, bloccando l’attività. Si prevedeva che le operazioni di spegnimento e messa in sicurezza sarebbero proseguite per tutta la notte. In prima battuta non era possibile ipotizzare con certezza quale potesse essere la causa precisa dell’incendio. E neppure se la causa sia stata di natura dolosa o accidentale: ma si propendeva per la seconda ipotesi. Non è escluso che le fiamme siano partite, come era avvenuto in altre occasioni, da un nastro trasportatore. L’allarme è stato lanciato al numero per le emergenze dei vigili del fuoco: il comando di Pavia ha immediatamente coordinato l’invio di squadre anche dotate di autobotte. I vigili del fuoco oltre che da Pavia e da Vigevano sono partiti dalle sede dei volontari di Mortara, Garlasco e Robbio, vista la difficoltà tecnica di spegnimento delle fiamme. Sono stati poi chiesti in rinforzo mezzi anche da Milano: alle 22 stavano la vorando una trentina di operatori. Non sembrava almeno all’inizio dell’intervento che ci fosse il pericolo di un ’estensione delle fiamme anche ad altre parti dell’impianto di incenerimento dei rifiuti di via Scochellina. La popolazione nella zona, almeno durante la prima parte dell’intervento, non è stata sgomberata e non risultavano ferito o persone intossicate. Anche la circolazione dei veicoli sulla ex strada statale 494, che collega Vigevano Mortara e passa a lato della zona industriale di Parona, almeno fino alle 22 era regolare. Erano comunque già stati avvisati i tecnici dell’Arpa (Agenzia regionale per la prorezione ambientale), per poter effettuare i rilievi necessari a valutare il pericolo di inquinamento per l’ambiente, e di conseguenza anche la necessità di eseguire ulteriori interventi nell’area circostante l’inceneritore di Parona. Gli ultimi due casi di incendio all’inceneritore si erano verificati nel marzo e nell’ottobre 2008, sempre nelle ore serali. In un caso, le fiamme erano partite da un nastro trasportatore, nell’altro da una delle torri dell’impianto. (a.m.)
E' stata questa la settimana che ha fatto esplodere la grande bugia sui rifiuti a Napoli. Nel luglio 2008 Berlusconi annunciava in tv che la tragedia della 'monnezza'in Campania era risolta .In questa settimana La 'monnezza' per strada (Napoli e provincia) , e la ribellione della gente di Terzigno e Boscoreale contro le discariche nel Parco Nazionale del Vesuvio hanno sgonfiato il 'pallone' mediatico. Nell'anno diciassettesimo dal primo commissariamento , dobbiamo ammettere che siamo in piena crisi rifiuti. | |
Ho vissuto in prima persona questa drammatica settimana che ha visto i paesi vesuviani ribellarsi all'imposizione di un'altra discarica nel loro territorio,la Cava Vitiello , che potrebbe contenere 15 milioni di tonnellate di rifiuti. E questo nel Parco Nazionale del Vesuvio! La stessa Unione Europea ha giudicato questo "un'aberrazione". Nel pomeriggio di domenica 25 settembre, sono stato a Boscoreale(adiacente alla discarica), per portare la mia/nostra solidarietà alla popolazione che la notte precedente era stata picchiata a sangue dalla polizia e al sindaco che faceva lo sciopero della fame. Quella resistenza civile e pacifica si era scontrata con le forze dell'ordine che avevano manganellato i manifestanti inermi, con le mani alzate. A queste persone umiliate e ferite, sono arrivate come balsamo le parole del vescovo De palma di Nola: "La chiesa è solidale con le migliaia di persone che in questi giorni giustamente protestano per difendere la loro terra e la propria vita. Tale protesta è sacrosanta e non è nel modo più assoluto influenzata o originata da presenza camorristica. Dire che dietro la protesta c'è la camorra è solo creare un alibi per nascondere le carenze o le inadempienze delle istituzioni." A notte fonda ,ci siamo incamminati con tanta gente verso la rotonda di Via Panoramica, dove i cittadini dei paesi vesuviani(Boscoreale, Boscotrecase e Terzigno) hanno allestito un presidio. Ci ha accompagnati, in questo tragitto un odore nauseabondo, di discarica, che mi ha fatto ricordare la "puzza"insostenibile della discarica Di Korogocho(Nairobi-Kenya)! E' una "puzza" che avvolge tutti i paesi vesuviani e fa vomitare la gente. In prossimità della discarica , ad accoglierci ci sono i poliziotti anti-sommossa, armati fino ai denti. Il confronto con i poliziotti diventa serrato. C'è chi urla, chi piange, chi chiede spiegazioni, chi insulta. "Caricatemi! urla una donna che fronteggia la polizia. Sono qui per essere caricata!Lotto per la vita dei miei 6 figli e 4 nipoti. Voglio che vivano, non che muoiano! Sono stata operata di cancro(mostra la ferita!), non mi importa della mia vita, voglio che i miei figli e nipoti vivano. Caricatemi!" Sui volti delle persone leggo la rabbia, la disperazione, l'impotenza. Verso mezzanotte, un amico mi sussurra all'orecchio:"Ti aspettano a Terzigno,andiamo!" Ci rimettiamo in macchina. E la "puzza" diventa nostra compagna di viaggio! Com'è possibile-mi chiedo- che siamo ancora alle prese con il problema dei rifiuti? Non era già stato tutto risolto dal Governo Berlusconi, due anni fa?Purtroppo in questo paese la menzogna diventa verità! Davvero la Menzogna regna sovrana!La verità è un'altra! La Campania è diventata da venti anni lo sversatoio nazionale dei rifiuti tossici , per un accordo criminale fra industria del Centro-Nord e la camorra. La criminalità organizzata ha fatto il lavoro sporco di seppellire i rifiuti tossici nel Triangolo della morte, nelle Terre dei fuochi e nel Casertano. I Rifiuti tossici producono diossine che bombardano soprattutto le donne incinte e i neonati: le conseguenze sono tumori, leucemie, malformazioni. Recentemente la Procura di S.Maria Capuavetere(Caserta), ha affermato che in quella zona c'è un 80% in più di tumori sulla media nazionale. Al disastro dei rifiuti tossici, dobbiamo aggiungere il disastro ecologico dei rifiuti ordinari, che deve essere riconosciuto come crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari. E' stata la vittoria dei potentati economico-finanziari che hanno costretto la politica a scegliere la strada delle discariche e dell'incenerimento. La migliore espressione di tutto questo è il Decreto 90(2008) del governo Berlusconi che impone alla Campania, con la forza militare, 12 megadiscariche e 4 inceneritori. Se i 4 inceneritori entreranno mai in funzione, la Campania dovrà importare rifiuti dal resto d'Italia per farli funzionare. (Per la verità c'è finora un solo inceneritore, quello di Acerra, che potrebbe bruciare 600.000 tonnellate l'anno, ma solo una delle tre linee di lavoro funziona). Le nuove amministrazioni provinciali (Cesaro) e regionali (Caldoro), confermano il bando per i due inceneritori di Napoli Est e di Salerno, ma se ne prevedono ancora un paio:uno a Giugliano, dedicato alle famose ecoballe (7 milioni di tonnellate accatastate alla Taverna del Re!) e un altro a S.Maria La Fossa. Sappiamo che anche gli inceneritori producono diossine e nano particelle e questo in un territorio già minato dai rifiuti tossici. E' chiaro che non si vuole la raccolta differenziata (è una scelta politica!), perché se venisse fatta seriamente (al 70%), non ci sarebbe bisogno degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare, con il divieto di resistenza o dissenso, pena la prigione. Arrivati a Terzigno, sono in tanti all'una di notte a dire no alla nuova discarica , a rivelare la verità delle cose contro la menzogna di O' Sistema. Chiedo a tutti di unirsi a tutte le altre comunità di resistenza. Come Chiaiano , dove da anni uno zoccolo duro sta resistendo a quella discarica nel cuore di Napoli, a 800 metri dal polo ospedaliero della città. E' una resistenza incredibile quella di Chiaiano che non ha mai accettato quella ferita mortale inflitta al suo territorio. Altrettanto incredibile è l'inventività dei paesi vesuviani, in particolare delle donne. Il 26 settembre le"donne vulcaniche"(così si definiscono) di Boscoreale occupano i tre istituti superiori della cittadina. Lo stesso giorno i sindaci dei Comuni Vesuviani, dopo l'incontro con il presidente della provincia Cesaro, gli dicono: "Noi sindaci restiamo e dormiamo qui, siamo in occupazione. "Un'occupazione che durerà fino al giorno seguente quando i sindaci ricevono la promessa di un tavolo previsto per il 30 settembre con Caldoro e Cesaro ."Non siamo disposti-diranno i sindaci- a svendere la nostra salute." Il 30 settembre Giornata di lutto cittadino nei quattro Comuni. Saracinesche abbassate , scuole deserte ,uffici pubblici chiusi e manifesti funebri ai muri:gesto simbolico per la morte del Parco Nazionale del Vesuvio. Il 1 ottobre una grande marcia da Terzigno per arrivare alla discarica di Boscoreale. Una marcia di solidarietà con questo popolo abbandonato e umiliato. Basta con un Sistema che schiaccia e uccide. Marcio anch'io nel cuore della notte, con tanti resistenti da Chiaiano, Pianura, Napoli... E' solo unendoci insieme che vinceremo. Il 3 ottobre le "mamme vulcaniche" accompagnate dai Sindaci sono partite alle sei del mattino a piedi, per recarsi al Santuario di Pompei per la Supplica alla Madonna. E' stato il Vescovo di Pompei . C. Liberati, a ricevere quelle mamme bravissime:" Le mamme sono preoccupate grida il Vescovo perché non vogliono vedere contaminati l'ambiente e l'acqua" . E continuiamo così a camminare senza stancarci , con queste comunità impegnate a difendere la vita. Ed è questo il posto giusto dove restare, a fianco di tanti fratelli e sorelle impegnate contro un sistema di morte. "Essere a favore della vita o della morte. Ogni giorno vedo con più chiarezza che è questa l'opzione da seguire amava dire Romero camminando con il suo popolo. In ciò non esiste neutralità possibile. O serviamo la vita o siamo complici della morte di molti esseri umani. Qui si rivela qual è la nostra fede: o crediamo nel Dio della vita o usiamo il nome di Dio servendo i carnefici di morte". Alex Zanotelli |
«Se teniamo al 40 per cento la soglia da raggiungere per la differenziata, la termovalorizzazione non la faremo mai... Quindi se è vostra intenzione, maggioranza e opposizione, dovete abbassare la quota della differenziata». Così, secondo Repubblica del 23 settembre, l'intercettazione di una telefonata tra il ras dei rifiuti dell'Abruzzo Rodolfo Di Zio e l'Assessore regionale all'ambiente, entrambi arrestati ed entrambi in combutta tanto con maggioranza che con l'opposizione della Regione, nonché con la società lombarda Ecodeco - ma anche con il comitato anti-discariche - per costruire nella regione uno o due inceneritori e garantirsi un quantitativo di rifiuti da bruciare sufficiente ad alimentarli. Da notare che il 40 per cento di raccolta differenziata è una prescrizione di legge valida su tutto il territorio nazionale da raggiungere entro l'anno in corso, mentre al 2012 questa percentuale dovrà salire al 65 per cento; anche se per chiedere l'abbassamento della soglia si è già mosso persino l'Anci, l'associazione dei Comuni italiani: anch'esso preoccupato, evidentemente, che gli inceneritori attivi o in programma nei rispettivi territori di riferimento restino "all'asciutto".
Quello che il signor Di Zio pretendeva era una modifica della legge regionale che abbassasse la raccolta differenziata rispetto agli standard regionali, senza preoccuparsi della normativa nazionale, consapevole del fatto che con il "federalismo" le regioni, delle leggi nazionali, se ne fottono. Non ci potrebbe essere smentita più chiara e sincera - perché proferita dalla viva voce di un affarista del settore - della tesi tante volte sostenuta su giornali, in Tv, in convegni "scientifici" e in mille e mille Consigli comunali, provinciali e regionali, secondo cui raccolta differenziata e incenerimento (ribattezzato "termovalorizzazione" per indorare la pillola) non sarebbero incompatibili ma complementari; né conferma più pregnante della tesi degli ambientalisti più seri - quindi, non di quelli, come Realacci, trasformatisi in sponsor dell'incenerimento - che hanno sempre sostenuto che o si fa l'una o si fa l'altro.
Ed eccoci di fronte alla spiegazione del disastro della Campania, dove da sedici anni la raccolta differenziata è al palo (con l'eccezione di alcuni comuni "virtuosi", uno dei quali è stato anche commissariato dal ministro dell'Interno Maroni perché il suo sindaco faceva "troppa" raccolta differenziata) in attesa degli inceneritori previsti dal "piano" regionale: prima quattordici, poi tre, poi uno, poi quattro, poi cinque, poi non si sa più: quello che c'è, inaugurato in pompa magna dal duo Berlusconi e Bertolaso un anno e mezzo fa, con tanto di pernacchio agli ambientalisti, non funziona e non funzionerà mai; ma è bastato a tener ferma la raccolta differenziata e ad accumulare dieci milioni di tonnellate di ecoballe nelle campagne più fertili della penisola, perché doveva fare ricca, con gli incentivi all'incenerimento, prima l'Impregilo (la società più amata da Berlusconi, dopo Mediaset), poi l'A2A, la multiservizi dei sindaci berlusconiani di Milano e di Brescia.
Ed ecco spiegato anche il disastro dei rifiuti siciliani, in attesa anch'essi da una decina di anni di quattro inceneritori (poi cancellati; per diventare subito dopo nove; uno per Provincia; per di più in una Regione che le Province si è impegnata ad abolirle). O eccoci di fronte alla spiegazione del perché in Emilia, regione una volta nota per la sua buona amministrazione, ma da tempo controllata dal colosso Hera e dai suoi inceneritori, la raccolta dei rifiuti porta a porta si fa con il contagocce e i cassonetti stradali - molto sporchi - dominano il paesaggio urbano. O, ancora, ecco spiegato il mistero di Argelato: l'unico comune italiano che ha respinto con un referendum promosso dalle destre la raccolta dei rifiuti porta a porta, costringendo alle dimissioni il sindaco del Pd che l'aveva fortemente voluta; e questo nonostante che il Pd vi abbia ancora qualcosa come il 70 per cento dei voti. Perché Hera, nel momento di assumere la gestione dei rifiuti ad Argelato, aveva mobilitato i quadri del Pd... per mettere sotto scacco loro il sindaco.
Il fatto è che la raccolta dei rifiuti, se è differenziata e soprattutto se è "spinta" con il porta a porta, è un servizio di vicinato: richiede un rapporto diretto, un colloquio permanente, un'interazione bidirezionale tra gli utenti e l'azienda (e con gli operatori dell'azienda): per promuovere l'adeguamento continuo del servizio, la qualificazione del personale (si tratta, in fin dei conti, di un servizio front-line) e la collaborazione della cittadinanza. Più la direzione e gli interessi dell'azienda si allontanano dal territorio, più evanescente - e inefficace - diventa questo rapporto.
Hera, che è ormai una multinazionale - ha intrecciato interessi e azionariato persino con una società inglese - è un buon esempio di questo processo. I suoi interessi centrali sono la finanza, la borsa, i grandi impianti (soprattutto gli inceneritori) mentre il servizio di raccolta è sempre più delegato in subappalto a cooperative dove si risparmia sui salari, non c'è formazione, il turnover è altissimo e il coinvolgimento del personale nullo. In queste condizioni la raccolta porta a porta è solo un onere e non promette niente di buono. Quello che vale per i rifiuti urbani vale per tutti i servizi pubblici locali: gestione delle acque, trasporto e mobilità, distribuzione di gas ed energia elettrica (più si risparmia o si installano fonti rinnovabili, meno l'azienda guadagna); ma poi anche cultura, assistenza sociale, ecc. Taglieggiando l'utenza, queste grandi aziende sono anche in grado di destinare ai comuni che ne sono azionisti una quota dei loro profitti. «Io sono contento perché Hera destina un milione all'anno di dividendi al mio Comune» mi ha detto una volta un militante del Pd. Sì, ma da dove li ha presi?
In questo modo è l'azienda che controlla il comune e non viceversa. L'inceneritore di Brescia (ex ASM; oggi di A2A), la gallina dalle uova d'oro della rifiutologia italiana, è un esempio da manuale. Se il comune di Capannori (in provincia di Lucca) è riuscito a diventare un campione italiano di raccolta differenziata (e il primo a puntare sull'obiettivo rifiuti zero) è perché ha mantenuto - insieme ad altri quattro comuni di media dimensione - il controllo di un'azienda di igiene urbana con il cento per cento di azionariato pubblico: cosa che la legislazione italiana ormai mette al bando, imponendo, sotto le false apparenze della "liberalizzazione", la privatizzazione dei servizi pubblici locali.
Se ad Argelato vince invece il ritorno alla raccolta dei rifiuti con i cassonetti stradali, è perché la multiservizi Hera ha ormai assunto il comando sulle vicende politiche a amministrative del territorio.
Anci, la raccolta differenziata dei rifiuti sia legata al loro effettivo riutilizzo e recupero - 15 Settembre 2010
"La direttiva Europea 98/2008 impone i criteri di efficienza, economicità e valenza ambientale, ovvero l'effettivo riciclo dei materiali raccolti con il metodo della differenziata -ha spiegato Filippo Bernocchi, Vicepresidente dell'Associazione con delega ai Rifiuti- mentre la norma nazionale impone meramente il raggiungimento di una certa percentuale, il 65%, di raccolta differenziata, senza considerare come e in che misura avviene l'effettivo riutilizzo"
Roma, 15 set. - (Adnkronos) - ''Agganciare gli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti al loro effettivo riutilizzo e recupero, in linea con il nuovo dettato comunitario''. E' questa la principale proposta dell'Anci, formulata nel corso dell'audizione della Commissione Ambiente del Senato. Filippo Bernocchi, Vicepresidente dell'Associazione con delega ai Rifiuti, ha consegnato alla Commissione un documento con le proposte di emendamento dell'Anci relative allo schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sui rifiuti. Tra queste, appunto, quella dell'abbandono della soglia del 65% di raccolta differenziata, che dovrebbe essere sostituita con gli obiettivi di riciclo, riutilizzo e recupero stabiliti dall'Europa. ''Infatti, - ha affermato Bernocchi - occorre puntare sulla qualità delle raccolte che non comporti aggravi di costi economici e ambientali per la comunità. Gli obiettivi di effettiva preparazione per il riutilizzo e per il riciclaggio posti al 2020 con il recepimento della Direttiva 98/2008 sono il fine da perseguire per la sostenibilità nella gestione dei rifiuti e gli stessi possono trovarsi in contrasto con una previsione di raccolta differenziata al 60 e 65%''.
''I Comuni - ha detto Bernocchi - valutano in modo positivo lo schema di decreto legislativo allo studio della Commissione, che contribuisce a definire un quadro di regole chiaro, seppure ancora incompleto, sul ciclo integrato dei rifiuti''. Resta però, fa notare ancora Bernocchi, ''il rischio di creare confusione in merito agli obiettivi da raggiungere''.
La direttiva Europea, infatti, ''impone i criteri di efficienza, economicità e valenza ambientale, ovvero l'effettivo riciclo dei materiali raccolti con il metodo della differenziata - ha spiegato Bernocchi - mentre la norma nazionale impone meramente il raggiungimento di una certa percentuale, il 65% appunto, di raccolta differenziata, senza considerare come e in che misura avviene l'effettivo riutilizzo''.
L'Anci prende posizione a favore dell'eliminazione della soglia e di un'aderenza maggiore ai criteri stabiliti da Bruxelles: ''Riteniamo necessario - ha sottolineato infatti Bernocchi - che tutti i materiali provenienti dalla raccolta differenziata trovino un effettivo sbocco sui mercati del riciclo, in linea con quanto stabilito dalla direttiva europea, che pone obiettivi di riciclo e non di raccolta, dato che è noto che attualmente non sempre i materiali raccolti in maniera differenziata riescono a trovare sbocco certo sui mercati del riciclo''. L'Anci ha presentato inoltre tre ulteriori proposte di emendamento. Tra queste, la necessità di ''chiarire definitivamente che le operazioni di sgombero della neve esulano dall'applicazione delle norme relative alla gestione dei rifiuti".
"Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni, soprattutto dai Comuni trentini - ha detto Bernocchi - dalle quali risulta che i sindaci vengono spesso coinvolti in pesanti provvedimenti giudiziari per non aver conferito in discarica la neve spalata ai lati delle strade''. Nel corso dell'audizione, infine, Bernocchi ha posto l'accento sulla necessità ''di intervenire in tempi brevi con ulteriori modifiche al Codice dell'Ambiente, che riguardino innanzitutto la definizione chiara dei ruoli e delle competenze delle Autonomie locali, la questione della tariffa rifiuti, la gestione integrata e la questione dell'assimilazione dei rifiuti urbani''.
Aumenta la raccolta
la Provincia Pavese — 12 settembre 2010
MORTARA. Il settore dello smaltimento rifiuti non sente la crisi, stando al bilancio del primo semestre di raccolta nell’area servita dal Clir. Il dato della raccolta nei comuni del consorzio è in aumento, in valore assoluto, nel primo semestre di quest’anno, se paragonato allo stesso periodo dell’anno scorso. «Abbiamo registrato un incremento del 4,1% - spiega l’ingegner Marco Rivolta, direttore del consorzio che riunisce 41 comuni lomellini - considerando sia l’indifferenziato, sia le varie frazioni legate alla differenziata. Complessivamente quindi il dato è in crescita, anche se poi quanto conferito all’inceneritore di Parona è invece diminuito dello 0,6%». Da sempre il dato dei rifiuti è uno degli indicatori per capire il trend maxieconomico: più si acquista, più si scarta. Meno soldi ci sono a disposizione, meno si acquista, e quidi i rifiuti diminuiscono. In questo caso, da un lato va sottolineato il doppio aspetto: da una parte aumenta la produzione generale dei rifiuti solidi urbani, dall’altra cresce anche la raccolta differenziata, tanto che all’inceneritore di Parona sono state conferite meno tonnellate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. «Il trend della differenziata è comunque in crescita: i dati relativi al primo semestre 2010 vedono un incremento del 30% per quanto rigaurda carta e cartone, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 15% della plastica e del 29% dell’umido». A questo dato si aggiunge che anche altri Comuni presto attiveranno, o amplieranno, la differenziata: Gambolò, ad esempio, da domani passerà da 800 a 3 mila abitanti, e dall’11 ottobre Dorno comincerà a partire con 1500 abitanti del centro storico. Anche Mortara, nei primi mesi del prossimo anno, dovrebbe partire con altri 2mila abitanti circa nel quartiere di San Pio X.
Simona Marchetti
Rifiuti, Mortara chiede sconti
la Provincia Pavese — 10 settembre 2010
MORTARA. I Comuni lomellini puntano sulla differenziata, investendo di tasca propria. Ma vorrebbero anche risparmiare sui costi, visto che questo tipo di raccolta dei rifiuti riduce le quantità inviate all’inceneritore: una diminuzione sarebbe possibile, fino a 21,63 euro la tonnellata, ma la richiesta di riduzione per ora non trova alcuna risposta dalla Provincia. Qualche giorno fa il Comune di Mortara ha scritto una lettera al presidente della Provincia, riprendendo un documento di marzo che non aveva avuto risposte e, per conoscenza, anche al vice presidente, il mortarese Marco Facchinotti, e al presidente del Clir Federico Bertani, per fissare un incontro. La richiesta parte da Mortara che ha raggiunto una percentuale del 75% sui 2500 abitanti già raggiunti dal servizio, con una quota inferiore però sull’intero Comune. Ma arriva anche da Vigevano, che raggiunge una soglia del 23,48%. Nella vicina Novara, la differenziata è al 68,48%. La richiesta di riduzione delle tariffe per i Comuni che differenziano i rifiuti è confermata da Vigevano e dal Clir. «Una perizia certifica che conferendo meno umido Lomellina Energia risparmia, visto che la gestione di questa frazione organica le costa circa 4,5 milioni di euro l’anno», conferma il presidente del Clir Federico Bertani, che aggiunge: «A me stanno a cuore soprattutto gli interessi dei miei associati», quindi una richiesta di diminuzione ci sta tutta. Anche il presidente di Asm Vigevano, Luigi Ferrari Bardile, che è assessore nella giunta Robecchi, ha promosso la differenziata nella città lomellina e rilancia: «La richiesta di riduzione proposta dal sindaco di Mortara è corretta: si deve spingere la differenziata, anche in vista di un risparmio. Se si vuole raggiungere questo obiettivo, bisogna che una risposta dalla Provincia arrivi». La riduzione, nonostante il responso della commissione del 2008, non è stata ancora attuata né dalla Provincia né da Lomellina Energia, la società che gestisce l’inceneritore di Parona. La Provincia nel 2008 ha istituito un gruppo di lavoro composto da rappresentanti dell’Asm Voghera, del Clir, di Lomellina Energia e dello stesso ente, per verificare la possibilità di ridurre le tariffe dello smaltimento rifiuti secondo un rapporto proporzionale alla quantità di differenziata. E’ stato individuato così un parametro, definito “costo variabile”, che la stessa commissione ha fissato a 21,63 euro la tonnellata, e che «nel caso in cui il soggetto conferente riesca a raggiungere una percentuale di raccolta differenziata della frazione organica pari al 35% diventa uguale a zero».
Simona Marhcetti
Selezioniamo questo articolo dal giornale l'Arena di Verona per fare capire che in tempo di crisi diminuiscono anche i rifiuti. Segnaliamo anche nella posta della Olga: "Mangiamo tutto,non buttiamo via niente"
Dall' articolo sotto allegato una volta di più la conferma che l' inceneritore di ca' del bue è una scelta sbagliata anzi...... non è una scelta.
Tempo di crisi, gettiamo meno rifiuti - L'Arena di Verona - 31 Agosto 2010 (PDF 277 KB)
Nota di Gianluigi Salvador:
E su questo tema di cambiamento di trend continuo di decrescita della produzione dei rifiuti, urbani e speciali dal 2007 , si dovrà rifare la pianificazione e il dimensionamento dei nuovi e vecchi TCV. Per esempio il TCV di Cà del Bue di VR con 190.000 t/a è completamente cannato (sovradimensionato) perchè ha valutato il trend produzione rifiuti in crescita, mentre ora deve fare i calcoli di come sarà la produzione rifiuti fra 30 anni, cioè praticamente nulla, se la crisi va avanti e lo andrà, perchè è una crisi strutturale ed ambientale.
Cordiali Saluti
Acronimo TCV=Termo Cancro Valorizzatori/e
La Lomellina - Il settimanale della gente - Giovedì 24 Giugno 2010 Robecchi incenerisce la ProvinciaIl sindaco si augura di aver capito male. Altrimenti, come diceva un famoso film, “ci arrabbiamo”. E quel “ci” rappresenta tutta la collettività mortarese, specialmente i cittadini del centro, da mesi dediti alla raccolta differenziata. Che, come ha ripetuto più volte l’amministrazione, porta con sé quale primo e più evidente beneficio una riduzione dei costi di smaltimento. Un bel sogno, per l’ecologia e per l’economia, se non fosse per il “giù dalle brande” scandito da Ruggero Invernizzi, assessore in Provincia con delega alla Tutela ambientale. Il quale, senza troppi giri di parole, ha fatto intendere che la realtà è un’altra e un ritocco all’ingiù delle tariffe del termovalorizzatore di Parona per ora resta, o così sembra, solo un miraggio. Un po’ come dire a un bambino buono che a Natale, sotto l’albero, invece dei balocchi troverà un pezzaccio di carbone. “Stando a quanto sostiene l’assessore Invernizzi - ribatte un combattivo Roberto Robecchi - le tariffe sarebbero già basse rispetto a quelle praticate in altre province. Bene, gli rispondo, il nostro territorio si è fatto carico di ben due termovalorizzatori: il minimo che possa avere in cambio è che i suoi cittadini usufruiscano di tariffe agevolate! A maggior ragione se, come dice l’assessore, ci facciamo carico del conferimento di rifiuti di altre province, evidentemente meno virtuose della nostra. Ricordo poi a Invernizzi - rincara il primo cittadino di Mortara - che siamo amministratori pubblici e il nostro compito è quello di pensare e di agire per il nostro territorio. I cittadini ci hanno eletti proprio a tale scopo. Il fatto che in questa critica situazione economica mondiale gli impianti di termovalorizzazione siano in difficoltà non è problema di un amministratore pubblico, ma semmai della proprietà che li gestisce. Non solo. Se esistono dei problemi di bilancio, come mai Asm Isa di Vigevano, società che detiene il 20% di Lomellina Energia, nel 2009 ha ottenuto un riparto dell’utile da 800mila euro? Se la matematica non è un’opinione, l’utile complessivo registrato lo scorso anno dal termovalorizzatore di Parona dev’essere di 4 milioni di euro. Mi dica Invernizzi dove sono le famose difficoltà”. La Provincia di Pavia, ricorda poi Robecchi “ha l’obbligo di raggiungere il 60% di differenziata entro il 2012: se non si rivedono le tariffe, come si può pensare di supportare i Comuni nel sensibilizzare i cittadini? Secondo Invernizzi, come ho letto sulla stampa locale, chiedere l’applicazione di quanto proposto da un gruppo di lavoro, voluto proprio dalla Provincia, sarebbe pretendere “tutto e subito a costo zero”? Le sue dichiarazioni non sembrano certo un esempio della corretta collaborazione fra Provincia e Comuni, a mio avviso in questi casi indispensabile, per raggiungere i risultati auspicati. Perché, inoltre, ho dovuto passare attraverso la stampa per avere una risposta, oltrettutto frettolosa e superficiale, a ben 3 mesi dalla mia richiesta? Il Comune di Mortara risponde mediamente entro 30 giorni, mi chiedo come mai la Provincia lasci passare più di 3 mesi per rispondere ad una specifica richiesta di un sindaco. Un comportamento di questo tipo non mi sembra corretto. Così come non mi sembra corretto affermare, come ha fatto l’assessore, che sono i Comuni a dover contribuire alla raccolta differenziata. Perché non la Provincia? I miei cittadini ed io - conclude il sindaco - continuiamo ad attendere un’adeguata e dettagliata risposta scritta”.
Informatore Lomellino - Mercoledì 23 Giugno 2010
In due anni nascerà l’inceneritore alla Sit
Con la conclusione dell’iter autorizzativo è ormai certo che il termodistruttore della Sit si farà. I tempi di realizzazione si dovrebbero aggirare attorno ai 24 mesi, poi l’impianto da quasi 14 megawatt entrerà in funzione presso l’area di proprietà dell’azienda specializzata in truciolati, creando una ventina di posti di lavoro. La proprietà della Sit investirà nel progetto circa 35 milioni di euro, necessari per dare autonomia energetica ad un’azienda che spende 8 milioni di euro all’anno per il proprio approvvigionamento di energia elettrica.
C'è chi dice NO... lettera dell'associazione "Futuro sostenibile in Lomellina" [PDF - 84Kb]Informatore Lomellino - Mercoledì 16 Giugno 2010
Castello d'Agogna dice no alla SIT
Sul tavolo della Conferenza dei Servizi il voluminoso fascicolo con le motivazioni per “stoppare” il progetto dell'inceneritore alla SIT
MORTARA - Un documento tecnico corposo e dettagliato, quasi venti pagine dattiloscritte che oggi il Comune di Castello d’Agogna metterà sul tavolo provinciale dell’ultima conferenza dei servizi per motivare il “no” all’inceneritore della Sit. Infatti questa mattina torna in discussione l’impianto, e allo stesso tempo nessun Comune chiamato ad esprimere un parere, e tanto meno l’amministrazione provinciale, potrà dire di non sapere quanto i tecnici di Castello d’Agogna hanno messo nero su bianco. Una relazione firmata dall’ingegnere Carlo Collivignarelli e dai chimici Paolo Senni e Vincenzo Riganti, con la collaborazione di Italo Tordini e Siro Corezzi. Uno studio estremamente autorevole e che non lascia spazio ad interpretazioni tentennanti: “una valutazione corretta dello stato dell’aria avrebbe escluso la possibilità di realizzare nuovi incrementi emissivi perché la capacità di carico del nostro territorio è da considerarsi praticamente nulla”. Molto più di una semplice tesi, ma una vera e propria tragica realtà che ha condotto anche l’Unione Europea ad aprire un procedimento di infrazione contro la Regione Lombardia proprio a causa della pessima qualità dell’aria.
la Provincia Pavese - 15 giugno 2010
«Rifiuti, costi esagerati»
MORTARA. «I Comuni spendono per la raccolta differenziata, l’inceneritore di Parona gestito da Lomellina Energia, riduce così i costi grazie all’aumento della raccolta della frazione umida ma i cittadini continuano a pagare la stessa tariffa perchè la Provincia non interviene per ridurre i costi»: è quanto ha ribadito il sindaco di Mortara Roberto Robecchi in una conferenza stampa che si è tenuta ieri mattina in comune. Il primo cittadino ha illustrato i contenuti di una lettera inviata da Mortara alla Provincia, ente competente in materia di smaltimento rifiuti e tariffe, il 23 marzo, ad un mese e mezzo dal via della raccolta porta a porta in centro. Nel documento il sindaco chiedeva di applicare decisioni assunte dal comitato di esperti del novembre 2008, quando un team composto da tecnici indicati dalla Provincia, da Asm Voghera, dal Clir e da Lomellina Energia aveva convenuto di ridurre di 2 euro la tonnellata il costo di smaltimento proprio in conseguenza dell’avvio della differenziata, in particolare per la frazione umida. Sono infatti gli scarti organici a costare non poco a Lomellina Energia, quindi la loro diminuzione dovuta alla raccolta di casa in casa ha comportato un vantaggio produttivo che dovrebbe poi tradursi in una riduzione delle tariffe. «Ma non è così - spiega Robecchi - la nostra lettera alla Provincia di Pavia non ha ottenuto alcuna risposta finora. Neanche l’ha avuta la lettera in questo senso che il Clir aveva inviato nel dicembre del 2008. Intanto però l’unica a guadagnare è Lomellina Energia con il suo inceneritore, mentre noi quest’anno per far decollare la differenziata abbiamo speso 25mila euro. Approfittando che entro fine anno vogliamo coinvolgere un altro quartiere della città con costi in aumento, ci è sembrato giusto far sapere che il nostro appello non ha avuto risposte nè quello del Clir firmato dal presidente Federico Bertani». Robecchi chiede anche il coinvolgimento di altri comuni che come Mortara da qualche tempo hanno applicato la differenziata: «Ormai la raccolta porta a porta si sta espandendo e il Clir conta di raggiungere il 40% entro il 2010. A fine 2009 il dato riguardante la differenziata era del 34%. Vorrei quindi che anche altri comuni si unissero a noi sollecitando la Provincia». La richiesta è quella di applicare la prevista riduzione delle tariffe in modo da portare un vantaggio anche ai cittadini specialmente in un periodo come questo in cui i comuni faticano a far quadrare i bilanci a causa dei continui tagli dei finanziamenti statali e della crisi che ha portato in molti casi al drastico taglio degli oneri di urbanizzazione.
Simona Marchetti
la Provincia Pavese - 06 giugno 2010
Sindaci contro l’impianto
CORTEOLONA. Si è parlato del termovalorizzatore di Corteolona nell’incontro che si è svolto venerdì tra alcuni sindaci del Basso Pavese e la Provincia. Argomentazioni tutte politiche quelle portate dai rappresentanti della Convenzione ambientale, costituita da 15 Comuni. L’assessore all’ambiente Ruggero Invernizzi e il consigliere provinciale Felice Novazzi hanno incontrato il presidente della Convenzione Enrico Berneri, primo cittadino di Monticelli Pavese, e i due vicepresidenti, Giuliano Spiaggi, sindaco di Spessa, e Pietro Scudellari, di Linarolo. Dati alla mano, gli amministratori comunali hanno chiesto all’Ente provinciale quale sia la necessità per la provincia di Pavia di un raddoppio dell’impianto. «Il nostro compito è quello di salvaguardare il territorio e la salute dei cittadini - afferma Berneri - il potenziamento del Centro di Corteolona costringerà la Bassa a diventare il recettore di rifiuti dall’intera Regione. nostri professionisti daranno un parere tecnico, ma, anche se le valutazioni risulteranno ineccepibili, rimane il problema politico. Abbiamo chiesto alla Provincia un incontro con i sindaci per discutere del tema e l’assessore ha dato la propria disponibilità». Intanto presidente e vicepresidenti della Convenzione hanno ricordato che gli impianti di Corteolona e di Parona hanno una potenzialità di trattare 600mila tonnellate all’anno di rifiuti, a fronte di una produzione di 300mila tonnellate. «L’esubero viene colmato - precisa Berneri - con la spazzatura proveniente da altre province. Abbiamo chiesto all’assessore perché il termovalorizzatore di Corteolona debba raddoppiare, visto che nel Piano provinciale dei rifiuti si punta ad incrementare la raccolta differenziata, attualmente al 28%, portandola al 50%». «Una contraddizione», secondo gli amministratori comunali. Sergio Testa, direttore dei Centri Ecodeco in Italia, parla di «numeri diversi» e precisa che il nuovo impianto di Corteolona avrà una capacità di 230mila tonnellate di rifiuti urbani trattati e servirà il bacino regionale, secondo la normativa vigente. «Non possiamo dare risposte politiche - spiega Testa - possiamo fornire risposte tecniche e ragionare sulla viabilità. Ci siamo resi disponibili a trattare con le amministrazioni, in modo che i benefici ricadano sull’intero territorio e il progetto venga condiviso». I Comuni della Convenzione ambientale: Valle Salimbene, Linarolo, Torre Dè Negri, Belgioioso, Filighera, Magherno, Spessa, San Zenone, Zerbo, Costa Dè Nobili, Pieve Porto Morone, Badia Pavese, Monticelli, Chignolo, Santa Cristina.
Stefania Prato
la Provincia Pavese - 20 maggio 2010 Il consiglio comunale cancella l'inceneritore
PAVIA. L’ipotesi di un inceneritore per i rifiuti di Pavia sfuma a mezzanotte: dopo tre ore di confronto serrato, maggioranza e opposizione trovano un accordo e dalle linee guida per l’Asm sparisce ogni accenno ad un impianto per bruciare rifiuti. E si affaccia un “digestore”. Un digestore, semplificando all’eccesso, è un impianto dove la parte umida dei rifiuti, raccolta con la differenziata, fermenta e produce biogas (metano) che può essere utilizzato per produrre energia o per il teleriscaldamento. Garantisce un ritorno enomico minore rispetto ad un inceneritore, ma basterebbe comunque all’Asm per ottenere dal ciclo dei rifiuti (che oggi è solo una spesa) il ritorno economico che serve per raggiungere, entro il 2012 il 40 per cento di raccolta differenziata imposto dalla legge. E’ su questo passaggio che maggioranza e opposizione trovano un accordo dopo tre ore di faccia a faccia sulle linee guida da consegnare all’Asm. Un accordo limitato alla bocciatura dell’inceneritore, però: alla fine della seconda serata dedicata alle linee guida dell’Asm, il via libera al pacchetto completo arriva solo dalla maggioranza con l’opposizione schierata compatta per il no. «Linee guida troppo generiche che sostanzialmente danno carta bianca all’Asm senza che il Comune riesca ad esprimere un progetto di sviluppo per una realtà fondamentale come Asm», riassume Andrea Albergati, ex sindaco ed ex presidente di Asm. Tocca a Massimo Depaoli del Pd e Vincenzo Vigna dell’Idv introdurre il tema caldo della serata: «Il sindaco Cattaneo e l’Asm ripetono che nessuno vuole fare un inceneritore: se è vero, basta eliminare dalla pagina 22 delle linee guida il riferimento ad un impianto di questo tipo». Che ci sia spazio per un accordo si intuisce quando l’assessore Cristina Niutta si consulta con il capogruppo del Pdl Sandro Bruni e chiede di posticipare questo particolare emendamento: la maggioranza boccia a ripetizione 25 emendamenti dell’opposizione, ma quando si torna al caso inceneritore il sindaco Alessandro Cattaneo propone un emendamento congiunto e bastano pochi minuti per approvare all’unanimità il passaggio che apre la strada ad un digestore. Ma perchè investire su un impianto che valorizza la parte umida dei rifiuti invece che puntare su un terzo inceneritore? Al di là dei costi proibitivi per la costruzione di un termovalorizzatore, sarebbe stato difficile trovare rifiuti da bruciare visto che i due impianti già attivi in provincia (Parona e Corteolona) hanno una capacità doppia rispetto alla quantità di rifiuti effettivamente prodotti. E un digestore darebbe a Pavia la possibilità di investire sulla raccolta differenziata garantendosi un ritorno economico. - Stefano Romanola Provincia Pavese - 15 maggio 2010 «Asm, sull inceneritore marcia indietro inevitabile»
PAVIA. «Forse chi ha scritto le linee d’indirizzo di Asm si era dimenticato che, tramite Linea Group, l’azienda è comproprietaria dell’inceneritore di Parona». Il capogruppo del Pd Francesco Brendolise commenta la il dietro-front dell’amministrazione Comunale che, in 24 ore, ha ipotizzato di costruire un inceneritore e subito dopo, tramite il sindaco Cattaneo, ha detto di non volerlo costruire. «Era chiaro da subito che un progetto del genere non è economicamente sostenibile - riprende Brendolise -. Per fare un’inceneritore che funzione serve un certo tonnellaggio di rifiuti, che qui non c’è. La provincia di Pavia ha già due inceneritori, Parona e Corteolona, un altro non ci sta. Il vero problema è che questa amministrazione, a un anno dall’insediamento, dimostra di avere poca esperienza di governo. A Pavia bisogna rilanciare la raccolta differenziata, a questo fine serve un impianto che digerisca l’umido». Il vicepresidente di Asm, Vittorio Pesato, sottolinea la piena adesione alla linea del sindaco: «Condivido totalmente le parole di Cattaneo e del presidente di Asm Chirichelli. Faccio solo una considerazione di carattere generale, come dirigente politico. Temo che in Italia ci sia una sorta di caccia alle streghe, ogni volta che si parla di smaltimento di rifiuti il progresso e l’evoluzione vengono fermati. Già in passato ho parlato della positività dei termovalorizzatori che, voglio sottolineare, non sono inceneritori. Dico di più, se avessi una casa con un bel giardino lo costruirei io a fianco della mia villa un termovalorizzatore. Perché la vera sfida è che quando si parla di un piano industriale per una città non bisogna mai avere posizioni demagogiche. Ribadisco, faccio questo ragionamento da politico, perché le ragioni tecniche contrarie all’inceneritore, questa volta, prevalgono». (c.e.g.) la Provincia Pavese - 13 maggio 2010 Pavia «costretta» a conferire tutto a Corteolona PAVIA. Asm Vigevano, attraverso una partecipazione alla società che gestisce il termovalorizzatore di Parona, si garantisce entrate per circa 600mila euro l’anno. Anche Asm Pavia, però, attraverso Linea group ha una partecipazione con il termo di Parona: perchè allora i rifiuti del capoluogo, non possono essere bruciati a Parona in un impianto “partecipato”? «Perchè a stabilire i luoghi di smaltimento è il piano provinciale dei rifiuti predisposto, appunto, dall’amministrazione provinciale - spiega il dirigente del settore rifiuti di Asm Pavia Gabriele Tedeschi -. E Pavia è nell’ambito per cui è previsto lo smaltimento nel termovalorizzatore di Corteolona». Anche le tariffe di smaltimento sono stabilite dalla Provincia e uguali per tutti: incenerire una tonnellata di rifiuti costa 98 euro e 39 centesimi che diventano 108 euro aggiungendo la tassa ambientale (anche questa uguale per tutti i Comuni della provincia) di 10 euro la tonnellata. la Provincia Pavese - 13 maggio 2010 L inceneritore divide Asm crede nel piano ma la Provincia frena PAVIA. Il Comune dà il via libera ad Asm per progettare un nuovo inceneritore, il direttore dell’azienda Claudio Tedesi intravvede la possibilità di tamponare i costi di smaltimento dei rifiuti di Pavia, ma l’assessore provinciale all’ambiente Ruggero Invernizzi frena. «In Regione è già aperta un’istruttoria per il potenziamento dell’impianto di Corteolona - spiega Invernizzi -. Con ogni probabilità, quindi, aumenterà ulteriormente la capacità di smaltimento degli impianti in provincia: prima di mettere in cantiere un nuovo impianto sarebbe necessario coordinare gli interventi». I numeri dicono che in provincia di Pavia già si smaltiscono più rifiuti di quanti se ne producano. Nel 2009 tra Pavese, Oltrepo e Lomellina ne sono state prodotte 350mila tonnellate: solo il termo di Parona può bruciarne 380mila e la capacità di Corteolona è di altre 150mila. Poi si devono aggiungere gli altri impianti per il trattamento della frazione umida a Voghera e Giussago, solo per citare due impianti che lavorano sulla raccolta differenziata. «Uno dei punti cardine sta qui - commenta il direttore generale di Asm Claudio Tedesi -. Le società pubbliche si occupano di raccolta e i privati di smaltimento. E se lo smaltimento permette di ricavare utili, la raccolta ha costi spaventosi». E’ un modo per dire che Asm è pronta a progettare il termovalorizzatore ipotizzato nelle linee guida del Comune? «E’ indubbio che sarebbe utile - risponde Tedesi -. Cito il caso di Asm Vigevano che dalla partecipazione alla società del termo di Parona ricava 600mila euro l’anno che si devono sottrarre alle spese per lo smaltimento. Pavia, invece, per smaltire i propri rifiuti ha solo spese e nessuna possibilità di ricavo. Quando sarà il momento di redigere il piano industriale si potrà pensare anche ad un digestore, ad esempio: un impianto per la produzione di energia dal trattamento della parte organica dei rifiuti raccolta con la differenziata». E si tocca così un altro nodo: l’obiettivo del Comune è raggiungere il 40 per cento di raccolta differenziata entro il 2012, ma al momento Asm non ha la capacità economica di organizzare la raccolta porta a porta. A meno, ovviamente, di non ricavare utili dallo smaltimento progettando un nuovo impianto di termovalorizzazione, o entrando in società con privati che già smaltiscono e possano garantire entrate sufficienti a tamponare le uscite per la differenziata.Stefano Romano
la Provincia Pavese - 13 maggio 2010 Rifiuti, territorio dimenticato se conta soltanto la logica degli affari (segue dalla prima pagina) Ora il più grande di tutti, il Comune di Pavia (e la sua azienda municipalizzata) pensa di poter entrare in affari. A dire il vero, l’Asm Pavia in affari c’è già, visto che fa del tutto parte di una holding lombarda, Lineagroup, che ha una sostanziosa quota dell’inceneritore di Parona. Ma i soldi ricavati da lì, ragionano a Pavia, finiscono in una cassaforte unica «regionale». A occhio pare quindi che la nuova amministrazione di centrodestra «a trazione leghista» male si sposi con i piccoli municipi bresciani, i cremonesi e i lodigiani (gli altri soci di Lineagroup) che almeno all’inizio avevano una matrice comune nell’Ulivo di centrosinistra. Ma la politica-partitica deve star fuori, gli affari sono affari: già questo pone un grosso punto interrogativo sulla via intrapresa da Asm Pavia. Gli inceneritori, soprattutto guardando le esperienze dell’Europa più avanzata, dovrebbero risolvere il problema dello smaltimento durante l’arduo cammino verso un’alta quota di raccolta rifiuti differenziata. Il legislatore italiano ha aiutato fortemente questi impianti, ad esempio con l’istituzione dei Certificati verdi, simili a obbligazioni vendibili su un mercato apposito da chi, oltre a bruciare rifiuti, produce energia. Gli inceneritori, da un decennio, sono stati così ribattezzati «termovalorizzatori» perchè vi si ricava energia elettrica (Parona) o, più efficacemente, calore per il teleriscaldamento (Brescia). Morale: i certificati sono un’iniezione di denaro che però può durare al massimo 15 anni dopo l’apertura dell’impianto. Secondo alcuni, oggi il vero utile di un inceneritore è fornito dai Certificati verdi, sottintendendo che, una volta esauriti, non ci sarà più gran vantaggio economico. Questo è il versante industriale e finanziario tutto da chiarire da parte di Asm Pavia. Con un antipatico corollario: quanto costerebbe l’uscita da Lineagroup? In tempi grami come questi, è innegabile che sono proprio «i conti», il dare e l’avere, il primo pensiero della maggioranza dell’elettorato. Ma non può essere l’unico elemento su cui ragionare. Se lo smaltimento rifiuti è un servizio pubblico, allora la provincia di Pavia è già attrezzata ben oltre il necessario per la fase finale (vedere l’ultimo rapporto della Provincia, febbraio 2010). Invece è tra i fanalini di coda per la raccolta differenziata (27,4% contro il 45% previsto per il 2008). Quindi, a rigore, bisognerebbe agire lì, magari modulando diversamente la tassa per incentivare i cittadini, lavorando sull’educazione con i bambini e le scuole, migliorando il sistema cassonetti. Tutte cose che costano, è l’obiezione, e gli incassi dell’inceneritore potrebbero magari finanziarle. O magari no, visto che in provincia di Pavia gli inceneritori ci sono, funzionano da anni, e la raccolta differenziata è rimasta poca cosa. Eppure la «politica dei rifiuti» dovrebbe essere una delle priorità per chi rivendica il radicamento sul territorio, fa una bandiera (verde) dell’identità locale. Si ricorda che un ex consigliere regionale leghista, Lorenzo Demartini, eletto in Lomellina, si era fatto paladino di chi si opponeva alla discarica delle ceneri prodotte dall’inceneritore di Parona (che vengono spedite, pagando, in Germania). Che sia cambiata l’indicazione del partito? Se ci sono bilanci in rosso il «territorio» passa in secondo piano? Prima gli affari? E allora cominciamo guardando bene «i conti», oltre l’incerta durata di un’amministrazione. - Roberto Peraro la Provincia Pavese — 12 maggio 2010 «Un inceneritore di rifiuti per Pavia» PAVIA. Asm spende per raccogliere i rifiuti e poi paga per smaltirli: se i conti devono restare in attivo è necessario darle gli strumenti per guadagnare. Anche costruendo un nuovo inceneritore. Ridotto ai minimi termini, è il piano che il Comune consegna all’Asm. L’ipotesi di un terzo inceneritore in provincia di Pavia dopo quelli di Parona e di Corteolona si affaccia in consiglio comunale quando l’assessore Cristina Niutta legge la relazione sulle linee guida che il Comune di Pavia, di fatto l’azionista unico, consegnerà all’Asm. In aula ci sono i vertici di Asm: il presidente Giampaolo Chirichelli, il vice Vittorio Pesato, il consigliere di amministrazione che è anche vicepresidente di Linea group holding Marco Bellaviti. Il passaggio è interlocutorio visto che le linee guida sono state illustrate l’altra sera ma il voto del Consiglio sarà solo lunedì prossimo: i temi sul tavolo, però, sono fondamentali per il futuro dell’ex municipalizzata. In primo luogo c’è il piano di fusione tra le Asm provinciali per far nascere una sola grande azienda multiservizi in grado di competere con i colossi privati, poi c’è l’ipotesi di un progressivo abbandono dell’alleanza con Linea group holding, infine la questione della gestione rifiuti che, al momento, è solo un costo per l’azienda. Sulla fusione delle Asm provinciali le linee guida di Pavia sono abbastanza generiche: il mandato è di far partire i progetti di collaborazione su temi specifici come la gestione dell’acqua e, appunto, dei rifiuti. E’ qui che si innesta l’ipotesi di un impianto di termovalorizzazione (un inceneritore) gestito direttamente da Asm o da una società nella quale siano rappresentate tutte le Asm della provincia. «E’ opportuno fare un passo indietro - commenta Bellaviti -. Nelle linee guida il Comune indica l’obiettivo del 40 per cento di raccolta differenziata nel 2012. Ma aumentare la differenziata ha costi enormi: nell’ambito di una politica industriale è quindi necessario prevedere anche interventi in grado di dare all’azienda gli strumenti necessari per sopportare i nuovi costi e, si spera, far crescere gli utili». E siccome smaltire rifiuti in impianti altrui costa molto, costruire un impianto proprio sarebbe un investimento per il futuro. «Il problema è che in provincia di Pavia gli impianti esistenti hanno già una capacità di smaltimento enormemente superiore alla produzione effettiva di rifiuti - ribate dall’opposizione Massimo Depaoli, esperto del Pd in temi ambientali -. Gli inceneritori di Parona e Corteolona garantiscono insieme lo smaltimento di circa 500mila tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani, mentre la produzione effettiva è di circa 350mila tonnellate l’anno. A parte le valutazioni ambientali su un eventuale inceneritore, quindi, non si capisce quale potrebbe essere la ragione di mercato di una scelta del genere. Dove andrebbero a prendere i rifiuti da bruciare? La relazione, inoltre, sorvola su un aspetto non secondario: Asm, attraverso Linea group è già nella società che gestisce il termo di Parona». Opposizioni e ambientalisti propongono una strada alternativa. «Se un inceneritore sarebbe inutile - aggiunge Depaoli -, in vista del potenziamento della differenziata è necessario puntare alla chiusura del ciclo di smaltimento dei rifiuti umidi. L’ideale sarebbe un digestore in grado di produrre energia pulita».Stefano Romano
la Provincia Pavese - 29 aprile 2010 Mortara, Bertani ancora a capo del Clir
MORTARA. Federico Bertani è stato riconfermato presidente del consiglio d’amministrazione del Clir spa. Al suo fianco il consigliere uscente Eugenio Poles, in rappresentanza del centrosinistra, e Alberto Rozza, figlio dell’ex sindaco di Gambolò, Silvio. Bertani però non ha raggiunto l’unanimità dell’assemblea della società che si occupa di rifiuti: si sono astenuti Silvano Colli, sindaco di Parona, e Giuseppe Colli, sindaco di Cilavegna. «Abbiamo deciso così con lo scopo di sensibilizzare i Comuni verso una gestione condivisa della società», hanno spiegato. Nei giorni scorsi sembrava che il centrodestra volesse sostituire il medese Poles, ma poi l’assemblea ha preferito mantenere una rappresentanza del centrosinistra lomellino. Eletti anche i revisori dei conti: gli effettivi sono Roberto Recchia (presidente), Arturo Celentano ed Emanuele Carnevale Schianca; i supplenti Gianmario Cervio e Lorena Trecate. Via libera, all’unanimità, anche per il bilancio societario 2009, che presenta un utile di 13.524 euro. «Gran parte del fondo di riserva sarà destinata a potenziare la raccolta differenziata e porta a porta: l’obiettivo è di espandere questa pratica in tutto il bacino del Clir», ha spiegato il presidente Bertani. (u.d.a.)L’Araldo Lomellino (18-09-2009) CLIR, VIA LIBERA ALLA VENDITA DELLE AZIONI DI SUA PROPRIETA' AI COMUNI SOCI
Via libera solo per la vendita ai soci di azioni proprie (contrari solo Cilavegna e Parona): è il risultato dell’assemblea del Clir di mercoledì scorso, 16 settembre. Nulla di fatto invece per gli altri due punti, cioè la scelta del consigliere d’amministrazione e la nomina del nuovo collegio sindacale, argomenti che, come si prevedeva, sono stati rinviati, visto che è mancato un accordo politico, soprattutto tra i sindaci del Pdl. Importante, anche se particolarmente sofferto è stato il via libera per l’acquisto delle azioni proprie attualmente possedute in portafoglio dal Clir. Una quota del 43 per cento che crea problemi al momento di calcolare le maggioranze, non potendo le azioni proprie dare diritto di voto. Già da ieri dal Clir sono partite le lettere nelle quali i singoli Comuni soci sono invitati a decidere se acquistarle. Lo scopo è quello di mantenere inalterato il peso di ogni Comune se le acquisteranno a un prezzo di 5,30 euro, pagabili in dieci anni, senza interessi a partire dal 30 giugno 2010.
Disinformazione e presa in giro per i Napoletani (7-2-2008)
Il presidente del Comitato "Salute e Ambiente", dopo averci coinvolti tutti nel 1998 per fare un ricorso al Tar (vendevamo alle bancarelle per finanziare il deposito), decide in modo autonomo e contro la nostra volontà di ritirarlo (scopriamo successivamente una transazione di 600 milioni di lire a suo favore per la realizzazione di un parco dei dossi mai nato e di una cifra non citata di rimborso per le spese legali da lui sostenute). Era uno di noi che sosteneva il riciclo e il riutilizzo dei rifiuti, ma nel 2008 per fare
disinformazione televisiva a danno dei Napoletani (PDF 264 KB)
si presenta insieme a Colli su quotidiani e TV
(Corriere Della Sera del 07/01/08 - PDF 25 KB)
(Canale 5 del 07/02/08 Testo - PDF 10 KB)
(Canale 5 del 07/02/08 - KLCP FLV File 4.74 MB)
nel sostenere che ha cambiato idea: "I termodistruttori non fanno male perché sono sicuri, se a Napoli li costruiscono come abbiamo fatto noi, non avranno problemi ambientali".
Comunicato WWF su transazione (del 6 Dicembre 2007 - PDF 13KB )
Pagina dedicata all'Inceneritore di Parona stampato su Tabula Rasa ( giornale distribuito gratuitamente dai giovani di Rifondazione Comunista):
La nostra America - Tabula Rasa dicembre- 2007 (PDF 251 KB) allegato (PDF 83 KB) Armi Chimiche - Novembre 2006 "La Barriera" di Vigevano (PDF 66 KB) WWF - Volantino Festa di Parona Ottobre 2006 (PDF 560 KB) Scissione Comitato - Bruxelles allarme inceneritori (15-10-1998 - PDF 30 KB)Attacco al WWF e a Green Peace durante la festa Patronale del 1998 a Parona
Vergognoso attacco da parte del presentatore della Festa di Parona organizzata dalla PRO LOCO (lavorava al Consorzio Incenerimentoi Rifiuti), nei confronti di associazioni internazionali quali il WWF e Green Peace che manifestavano il loro dissenso all'inceneritore. Dal palco per ore ha annunciato che dei disturbatori non avevano nulla a che fare con la festa. Oggi è dimostrato che queste persone tutelavano i prodotti locali di Parona, tipicità della festa stessa. Qualcuno si deve essere reso conto che questi attacchi ai più sembravano ignobili e rovinavano l'immagine del paese. Dopo tanti anni come presentatore, abbiamo avuto la soddisfazione di non vederlo più su quel palco.
Festa di Parona 9 Ottobre 1998 (PDF 15KB) Foto: WWF (PNG 256 KB) Foto Green Peace (PGN 248 KB)